La mediazione familiare, questa sconosciuta!
A seguito della presentazione del disegno di legge n. 735\2018 di riforma del diritto di famiglia si è tornati a parlare di mediazione familiare.
Il disegno di legge, infatti, la pone addirittura come obbligatoria – limitatamente al primo incontro – nelle separazioni giudiziali.
Ci si è così interrogati sull’opportunità di tale scelta, tra i sostenitori della tesi secondo cui ciò causerebbe un aumento dei costi oltre a profili di incostituzionalità perché condizione di procedibilità su diritti della persona, e i convinti sostenitori della mediazione familiare, che permetterebbe di ricostituire il dialogo tra gli ex coniugi con notevole risparmio, sia in termini economici che di conseguenze sociali.
Ma cosa è davvero la mediazione familiare?
Possiamo definirla come un approccio alternativo alla gestione dei conflitti coniugali in vista di una separazione o di un divorzio.
Il procedimento di mediazione familiare vede l’intervento di un terzo tra le parti il quale opera per agevolare la comunicazione e riorganizzare le relazioni familiari, necessariamente scosse dalla crisi tra i coniugi.
Il ruolo del mediatore è pertanto quello di portare gli ex coniugi a decidere autonomamente e di comune accordo come regolare le proprie vite in futuro, a seguito della disgregazione familiare, ponendo le basi di un accordo durevole che tenga conto degli interessi di ciascun componente della famiglia, soprattutto dei figli.
Nonostante esistano diversi tipi di mediazione familiare – dal modello strutturato a quello negoziale a quello sistemico, per citarne solo alcuni – il procedimento è composto da un massimo di 10-12 incontri ai quali vengono applicate tariffe che non possono superare determinati massimali.
Vediamo le fasi comuni a tutti i tipi di mediazione:
– Il colloquio di accoglienza, in cui il mediatore e le parti si conoscono e il mediatore spiega alla coppia come funziona la mediazione e quali sono le sue regole;
– La raccolta dei dati principali relativi a ciascun coniuge e alle informazioni principali della vita di coppia;
– La definizione del problema, in cui il mediatore aiuta le persone coinvolte nella lite a negoziare una definizione congiunta del problema che ha portato alla crisi coniugale;
– La creazione di opzioni, quando tutte le persone coinvolte sono d’accordo sulla definizione del problema, il mediatore le aiuta ad elaborare delle soluzioni alternative per risolvere il problema stesso;
– La ridefinizione delle posizioni: il mediatore aiuta le parti a porsi nella giusta posizione rispetto al problema specifico da trattare. Solo da tali posizioni i coniugi sono in grado di prendere decisioni consone alla risoluzione del conflitto;
– La stesura dell’accordo: solo dopo che le parti, coadiuvate dal mediatore, siano riuscite a trovare soluzioni pratiche per risolvere il conflitto, è possibile stilare un accordo che possa essere soddisfacente per entrambi.
La mediazione familiare nasce nel 1974 ad Atlanta ad opera di James Coogler, psicologo e avvocato statunitense, il quale – a seguito delle frustrazioni causate dal suo recente divorzio – pensò quanto sarebbe stato importante realizzare un’alternativa al classico processo di separazione accusatorio diffuso negli Stati Uniti.
Il progetto prese vita e nacque il primo centro di mediazione familiare, nonostante le notevoli resistenze messe in atto dall’ American Bar Association.
La mediazione familiare si è diffusa poi in Europa, approdando in Italia solo sul finire degli anni ‘80 , quando fu costituita a Milano l’associazione “Genitori Ancora”, nata con l’intento di promuovere e far conoscere la mediazione familiare.
Dovremo aspettare, però, il 2006 per vedere la mediazione familiare riconosciuta e menzionata in una legge dello Stato. La nuova formulazione dell’art. 155-sexies, così come modificato dalla L. 54\2006 sull’affido condiviso, afferma infatti che “il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 (Provvedimenti riguardo ai figli) per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».
La mediazione familiare entra pertanto nel nostro ordinamento come ipotesi meramente facoltativa, sia per il giudice – che può suggerirla solo ove ritiene opportuno – che per le parti le quali possono ricorrere ad essa in maniera assolutamente libera.
Possiamo dire però che le parti conoscono effettivamente dell’esistenza di tale via alternativa e del suo funzionamento?
Probabilmente no!
L’Italia infatti, rispetto agli altri paesi, è fortemente in ritardo in merito alla promozione di una cultura della mediazione familiare, vuoi per interessi contrapposti che ne ostacolano lo sviluppo, vuoi anche per lo scetticismo sui risvolti positivi del suo procedimento.
Vi è infatti chi ritiene che la mediazione possa essere utile solo per alcuni tipi di coppie, già propense al dialogo e alla volontà di mettersi in gioco per risolvere il conflitto, mentre per le altre coppie – molto più numerose – sia solo una perdita di tempo e denaro.
Altri ancora fanno confusione identificando l’attività del mediatore, teso al raggiungimento di un accordo, pari a quello che già fa l’avvocato nelle separazioni consensuali.
Si dimentica però che il mediatore è un professionista ed il suo ruolo è netto e si distingue da quello svolto da avvocati, psicologi o altri operatori della famiglia.
Suo principale compito non è tanto quello di stilare un accordo scritto, ma soprattutto riattivare la comunicazione delle parti e fornire agli ex coniugi gli strumenti adeguati per riequilibrare le relazioni familiari anche quando l’accordo, per il sorgere di nuove esigenze legate al normale scorrere del tempo, non risulti più attuale.
Questo senza dover necessariamente ricorrere nuovamente ad avvocati, giudici, cause e tribunali.
I problemi legati alla non conoscenza dell’istituto e alle notizie inesatte che circolano sul suo funzionamento, i costi e gli obiettivi della mediazione familiare, potrebbero probabilmente essere superate con l’introduzione di un incontro obbligatorio conoscitivo della mediazione familiare.
Prima di ciò, però, per potersi davvero attuare la mediazione con successo, è necessario che venga diffusa una mentalità tesa alla valorizzazione della complessità delle relazioni familiari, all’importanza di restituire ai coniugi la responsabilità genitoriale oltre che quella personale e che riporti la coppia in una dimensione che sfugga dalla logica del vincitore e del perdente ma che sottolinei l’importanza del dialogo al fine di raggiungere accordi condivisi nell’ottica del bene dei minori.
di Maria Grazia Matrone
Mediatrice familiare
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