Unione Nazionale Consumatori Umbria | Coronavirus…. e le locazioni/affitti?
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Coronavirus…. e le locazioni/affitti?

Coronavirus…. e le locazioni/affitti?

La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi, secondo la previsione degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo se ed in quanto concorrano l’elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, in sè considerata, e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione.

Pertanto, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o divieto dell’autorità amministrativa (“factum principis“) sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto della assunzione della obbligazione, ovvero rispetto al quale non abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità. La nozione di factum principis rientra nella più ampia categoria di fatto sopravvenuto, non prevedibile ed evitabile con l’ordinaria diligenza, idoneo ad integrare una causa sopravvenuta di impossibilità della prestazione ai sensi dell’art. 1256 del codice civile che esclude la colpa del soggetto inadempiente e dunque l’imputabilità allo stesso dell’inadempimento. Tale principio di diritto va contemperato con le obiettive situazioni di straordinarietà e non colpevolezza: l’emergenza epidemiologica del Covid-19 e i provvedimenti legislativi di riferimento (DPCM 8.3.2020; DL 17.3.2020 n.18) appaiono portatori di tutti quei requisiti dell’imprevedibilità e straordinarietà dell’evento, idonei ad impingere nei rimedi indicati succitati (art. 1256, 1464 c.c.), così potendosi anche ipotizzare la sospensione di una prestazione ma in via temporanea, riacquisendo piena efficacia quella prestazione non appena possibile; parimenti appare ipotizzabile che un contraente possa risolvere un contratto ed il creditore gli possa offrire di “modificare equamente le condizioni di contratto”.

In ogni caso quel che appare altamente opportuno e che di certo ispirerà i Giudici che si troveranno ad affrontare questioni di tal genere è il contegno delle parti secondo buona fede e correttezza, ispirando la propria condotta al buon senso. Ex artt. 1175 e 1375 c.c., ciascun contraente è tenuto a fare, nei limiti fissati dal codice civile, quanto necessario in vista della salvaguardia dell’interesse della propria controparte e a tutela dell’utilità della prestazione contrattuale posta in essere. In tale ottica sono costanti gli arresti giurisprudenziali con i quali si è precisato che “Il comportamento di buona fede costituisce un vero e proprio dovere giuridico, autonomamente previsto, e come tale capace di generare responsabilità contrattuale, sebbene di fonte legale; infatti, alla previsione normativa del comportamento di buona fede, nei rapporti tra debitore e creditore e in particolare nella esecuzione del contratto, è riconosciuta anche funzione integrativa delle obbligazioni contrattuali, generatrice di obblighi collaterali, quale quello di cooperazione, capaci di sussistere anche dopo l’esaurimento del rapporto” (Tribunale di Roma 12/2/1999; conforme, tribunale di Roma 3/7/2002; Tribunale di Torino 3/5/2004). In sede di legittimità, poi, si è precisato che “anche un’inerzia cosciente e volontaria che valga ad ostacolare il soddisfacimento del diritto della controparte, ripercuotendosi negativamente sul risultato finale avuto di mira nel regolamento contrattuale degli opposti interessi si rivela in contrasto con il dovere della correttezza e della buona fede ed assume rilevanza, se ad essa sia ricollegabile un inadempimento o l’impossibilità sopravvenuta di adempiere” (Cass. Civ. sez. III 10/4/1986 n. 2500).

Di tal ché appare ipotizzabile una sospensione – magari parziale – della prestazione pecuniaria, ad esempio di un conduttore, con accordo inter partes per consentire al conduttore di spalmare quel debito nelle rate successive, così evitando domande giudiziali e lo scioglimento del vincolo giuridico tra le parti.

 

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