Unione Nazionale Consumatori Umbria | Lo statuto dei contribuenti
Disposizioni in materia di diritti dei contribuenti a cura di Antonina Giordano, tributarista
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Lo statuto dei contribuenti

Lo statuto dei contribuenti

La grande riforma nel segno della semplificazione, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa iniziata con la legge 7 agosto 1990, n. 241 in tema di procedimento amministrativo, negli anni successivi ha spinto il legislatore a rendere più compiuta questa forte trasformazione dell’ordinamento amministrativo, in particolare di quello tributario, finché, nel 1997, sulla base dei principi e dei criteri direttivi dettati dal Parlamento con una serie di leggi delega, il Governo ha approvato alcuni decreti legislativi che hanno radicalmente modificato la materia fiscale. Si tratta della cosiddetta riforma Visco la quale ha introdotto la nuova disciplina dell’accertamento con adesione (D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218), i comitati tributari regionali (D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 235), la semplificazione degli adempimenti fiscali dei contribuente (D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241), la riforma dell’I.V.A. (D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313), i redditi di lavoro dipendente (D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314), le cessioni, fusioni e scissioni d’azienda (D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358), i redditi di capitale (D.Lgs. 21 settembre 1997, n. 416), gli enti non commerciali (D.Lgs., 4 dicembre 1997, n. 463) e l’I.R.A.P.

La legge 21 luglio 2000, n. 212 intitolata Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente è composta complessivamente da n. 21 articoli che possono essere distinti in tre categorie:

1. principi generali sulla normazione, contemplati nei primi quattro articoli della legge

2. principi di tipo più spiccatamente procedimentale, che regolano nel dettaglio importanti aspetti del rapporto tra cittadino-contribuente e Amministrazione finanziaria

3. disposizioni che concernono il coordinamento normativo, la copertura finanziaria e l’entrata in vigore.

Lo Statuto dei diritti del contribuente non è una novità nel panorama europeo. Vari Paesi hanno previsto e disciplinato un sistema di garanzie del contribuente nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria, dando vita a testi normativi che sanciscono in modo compiuto e organico i diritti del cittadino-contribuente prima, durante e dopo la fase di controllo dell’Amministrazione finanziaria.

In Francia, ad esempio, la Charte du contribuable – che non è un atto normativo ma un documento redatto dalla Diréction générale des impots che raccoglie tutte le disposizioni a tutela del contribuente contenute sia nel Code général des impots sia nel Livre des procédures fiscales – rappresenta un punto di riferimento per il cittadino sottoposto a verifiche fiscali e uno strumento di informazione circa i diritti e le garanzie del contribuente nel rapporto con l’Amministrazione.

Diversamente dallo Statuto del contribuente, la Charte du contribuable si caratterizza per il fatto che tutte le garanzie riconosciute al cittadino-contribuente riguardano in modo specifico la fase del controllo. Si tratta, cioè, di garanzie di carattere procedurale che i francesi usano distinguere in due categorie: da un lato le garanties temporelles, dall’altro le garanties procédurales. Di queste, le seconde riguardano soprattutto i controlli di natura sostanziale o, come dicono i francesi, i controles sur place.

Così come si presenta, la Charte du contribuable assomiglia molto ad un piccolo manuale con un insieme di regole pratiche per il contribuente francese sottoposto a verifica fiscale, con lo scopo di fargli conoscere tutte le garanzie di cui gode. La differenza maggiore con il nostro Statuto del contribuente è che non si tratta di un testo normativo che raccoglie principi fondamentali e di carattere generale del diritto tributario, ma di un documento nato per informare il contribuente, renderlo consapevole dei suoi diritti nei confronti dell’Amministrazione.

Lo Statuto contiene una disciplina tributaria di principi sulla normazione e di disposizioni di carattere procedimentale diretta ad agevolare, nella interpretazione, sia il contribuente che l’Amministrazione finanziaria.

L’art. 1 dello Statuto dispone al suo primo comma che «le disposizioni della presente legge, in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali».

La disposizione contenuta nell’art. 1, comma 1, dello Statuto ha una grande importanza, se non su quello prettamente giuridico, sul piano politico, nel senso che tutti i principi contenuti nello Statuto, per volontà del legislatore, devono essere considerati norme programmatiche e quindi di indirizzo della futura attività legislativa. Come affermato dalla Cassazione (Cass. civ. Sez. V, 20/11/2013, n. 26024), «in generale, le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria. Conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse».

Per la prima volta, infatti, si è voluta dettare una disciplina di carattere generale e di ampio respiro in un campo del diritto, quello tributario, caratterizzato da una normativa settoriale e molto tecnica. Inoltre, poiché lo Statuto contiene disposizioni che tutelano il contribuente, per eccellenza soggetto debole del rapporto d’imposta, il legislatore futuro, prendendo atto di questa volontà di tutela, dovrà sentirsi ancor più vincolato da questa impostazione del rapporto contribuente-Fisco così come realizzato dalla L. 212/2000, cercando di armonizzare tutto l’ordinamento fiscale ai principi dettati nello Statuto.

L’art. 2 della L. 212/2000 detta alcune regole di tecnica legislativa che devono essere osservate nella predisposizione di testi normativi in materia fiscale.

Come indica la rubrica dello stesso articolo, queste disposizioni sono rivolte ad assicurare la chiarezza e la trasparenza delle disposizioni tributarie e sono applicabili sia alle leggi ordinarie che agli altri atti con forza di legge cioè i decreti legge e i decreti legislativi. Non c’è ragione di escluderli, anche perché in materia fiscale il ricorso a questi atti normativi è molto frequente.

Inoltre, l’art. 2 dello Statuto prevede che, nel titolo della legge e nella rubrica delle partizioni interne, sia indicato l’oggetto delle disposizioni al fine di migliorare la chiarezza dell’intero testo e semplificare la ricerca delle singole norme. Si prevede, inoltre, il divieto di inserire disposizioni legislative fiscali all’interno di provvedimenti che non disciplinano la materia tributaria, per esempio i cosiddetti provvedimenti omnibus, cioè quei provvedimenti che non hanno uno specifico oggetto tributario e che raccolgono disposizioni relative ad una pluralità di argomenti.

Infine, nel caso di provvedimenti che contengono numerosi rinvii a disposizioni normative vigenti, è necessario indicare in modo sintetico il contenuto della disposizione alla quale si rinvia.

di Antonina Giordano

Tributarista