I pericoli della frittura: facciamo chiarezza
La frittura è un metodo di cottura che consiste nella immersione in un grasso bollente dell’alimento per tempi relativamente brevi. In tal modo si ottengono dei cibi con ottime caratteristiche organolettiche e anche un buon mantenimento delle proprietà nutrizionali. Per evitare di incorrere in pericoli bisogna seguire alcune regole che riguardano la scelta dei grassi, la temperatura ed i tempi di cottura.
I grassi
Sono costituiti da una miscela di trigliceridi di acidi grassi. Per capire meglio di come sono fatti si può pensare a una catena di molecole formate da atomi di carbonio e idrogeno unite tra loro con alla testa una molecola acida (COOH).
Gli acidi grassi si differenziano tra loro per il numero di atomi di carbonio. Alcuni sono chiamati insaturi per l’assenza di atomi di idrogeno nella catena.
Si trovano prevalentemente sotto forma di trigliceridi perché sono uniti a gruppi di tre tramite un “ponte” di glicerina, ma alcuni sono liberi e sono quelli che conferiscono l’acidità agli oli. Nel caso dell’olio di oliva l’acidità è considerata negativamente perché denota un processo di produzione e/o di conservazione non idoneo.
Punto di fumo e acroleina
Il punto di fumo corrisponde alla temperatura alla quale i grassi cominciano a decomporsi liberando la glicerina, che a temperature elevate si trasforma in un’aldeide che chiamiamo acroleina. Si tratta di una sostanza volatile che noi avvertiamo per il suo odore acre e che è irritante per la pelle, gli occhi e per le vie respiratorie.
È fortemente ossidante e può abbassare le difese immunitarie per la sua capacità di legarsi al DNA ed è ritenuta potenzialmente cancerogena.
I diversi grassi utilizzati per la frittura hanno punti di fumo variabili in funzione della loro composizione in acidi grassi ed anche dalla presenza di acqua e di contaminanti e vanno da circa 160 °C agli oltre 250 °C. Quelli che hanno il punto più alto sono l’olio di palma, di cocco, di oliva, di girasole, di arachidi e lo strutto.
Il burro chiarificato (ovvero privato dell’acqua e di sostanze estranee ai grassi) e gli olii rettificati hanno punti di fumo molto elevati.
Frittura e produzione di acrilammide
L’acrilammide è una sostanza chimica che si forma principalmente per una reazione a temperature superiori a 120 °C tra zuccheri ed amminoacidi (in particolare l’acido aspartico) in condizioni “anidre”. Quindi si può sviluppare nei trattamenti termici cui sono sottoposti gli alimenti.
Le quantità maggiori si formano nella tostatura del caffè, nei prodotti da forno (pane e biscotti in particolare) ed anche nelle fritture. La contemporanea presenza di zucchero e di acido aspartico nelle patate favorisce la produzione di acrilammide durante la frittura soprattutto se prolungata e se fatta riutilizzando più volte lo stesso olio.
Anche l’acrilammide, pur essendo in molti alimenti, è una sostanza considerata pericolosa e di cui sospettano proprietà cancerogene. Per tale motivo le autorità sanitarie, pur non avendo ancora definito dei limiti di tolleranza, hanno raccomandato alle industrie alimentari di applicare gli accorgimenti tecnici per ridurre l’acrilammide nei loro prodotti.
Friggere in modo sicuro
La frittura è un’ottima tecnica di preparazione degli alimenti, ma nasconde le insidie dell’acroleina e dell’acrilammide.
La prima deriva prevalentemente dalla degradazione della glicerina che si può verificare con il superamento del punto di fumo.
L’acrilammide invece è la conseguenza di una reazione ad alta temperatura tra zuccheri e amminoacidi e non riguarda soltanto la frittura.
Per ottenere delle ottime fritture è importante:
- Scegliere un grasso con alto punto di fumo e comunque evitarne il superamento, che si può avvertire quando si avverte un odore acre.
- Evitare cotture prolungate. Le patatine, per esempio, devono essere tolte dalla padella appena cominciano a imbiondirsi, evitando abbrustolimenti con colorazioni tendenti al bruno.
- Evitare di utilizzare lo stesso olio per molte fritture e, soprattutto, evitare i rabbocchi. Olii esausti o rabboccati possono contribuire alla presenza contemporanea di acroleina e acrilammide.
Non è raro sentire parlare dell’effetto degli antiossidanti presenti nell’olio extravergine di oliva (EVO) per prevenire la formazione di acroleina. Dobbiamo essere chiari: nel normale olio EVO che troviamo in commercio la quantità di antiossidanti è molto modesta se non addirittura nulla. Inoltre, alle temperature di frittura sono praticamente subito distrutte e quindi non possono avere effetti protettivi.