PROGETTO upPE-T E ECONOMIA CIRCOLARE: INTERVISTA A FABIOLA DE TOFFOL, FINANCIAL MANAGER DEL PROGETTO

Nelle precedenti interviste condotte nell’ambito del progetto upPE-T, si è parlato del quadro normativo di riferimento e di consumo della plastica. Oggi, proseguendo con il ciclo di interviste, parleremo di economia circolare con Fabiola De Toffol, Financial manager del progetto.

Sempre più si sente parlare di economia circolare, rientrando quest’ultima nella politica ambientale, una materia di competenza concorrente dell’UE. Trattandosi di una materia di competenza concorrente, sia l’UE che gli Stati membri possono intervenire a disciplinarla, pur sempre nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, sanciti dall’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea.

La salvaguardia dell’ambiente è uno dei principali obiettivi perseguiti dall’UE e dagli stati membri.
Occorre, pertanto, sottolineare ancora una volta l’importanza del progetto upPE-T, il quale si inserisce nel programma di finanziamento Horizon 2020, istituito dalla Commissione europea per promuovere e sostenere la ricerca nello Spazio Europeo della Ricerca (ERA).

FABIOLA DE TOFFOL, COSA SI INTENDE PER ECONOMIA CIRCOLARE E COME SI INSERISCE QUEST’ULTIMA NELLA POLITICA DI INTERVENTO ATTUATA DALLA COMMISSIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE?

Negli ultimi anni proliferano i tentativi di definizione dell’economia circolare. Personalmente, la definizione che scelgo è quella data dalla Ellen MacArthur Foundation: «un approccio sistemico per lo sviluppo economico progettato affinché le aziende, la società e l’ambiente ne traggano beneficio. Contrariamente a quanto accade nel modello lineare basato sulla sequenza estrai-produci-usa-getta, un’economia circolare è rigenerativa e mira alla graduale separazione della crescita dal consumo di risorse non rinnovabili» https://archive.ellenmacarthurfoundation.org/explore/the-circular-economy-in-detail

Fa riferimento al beneficio che ambiente, società, aziende possono trarne, pone l’accento sulla necessità di ripensare modelli lineari di sviluppo e invita a considerare i concetti su cui l’Economia Circolare dovrebbe poggiare: l’abbassamento del livello di inquinamento e della quantità di rifiuti prodotti, l’atto consistente nel mantenere in uso i materiali utilizzati e i beni fabbricati e la rigenerazione e la rivitalizzazione dei sistemi naturali. A questi vanno aggiunti i criteri di base che chiunque adotti un “approccio circolare” dovrebbe rispettare, quali ad esempio: l’eco-progettazione (progettare i beni tenendo conto del loro impiego a fine vita e favorendone lo smontaggio), la modularità e la versatilità (rendere il prodotto adattabile al mutamento delle condizioni esterne), il recupero dei materiali (sostituire le materie prime vergini con materie prime seconde), l’uso di energia prodotta da fonti rinnovabili (allontanarsi dal modello energetico basato sulle fonti fossili) e l’implementazione di un approccio ecosistemico.

Sono concetti non nuovi, che le politiche pubbliche hanno però iniziato a considerare più recentemente. Lo Stato che ha agito come precursore è la Germania, la quale già nel 1996 inserì l’economia circolare all’interno delle proprie leggi nazionali attraverso il varo di un provvedimento sulla gestione dei rifiuti, ma è dalla metà del decennio passato che il concetto di economia circolare è diventato il fulcro di ordinarie discussioni di carattere sia politico che imprenditoriale.

E’ nel 2014, con la Comunicazione ‘Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti”, che la Commissione Europea ha enfatizzato la rilevanza della questione nel dibattito pubblico europeo, stabilendo obiettivi sia di carattere qualitativo che quantitativo per la transizione verso l’economia circolare, che del resto è stata uno dei cardini della strategia europea Horizon 2020 per una crescita inclusiva, intelligente e sostenibile, fino ad arrivare all’adozione di un nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare nel marzo 2020. Tale piano è incentrato sulla prevenzione dei rifiuti e la loro gestione ottimale e promuove, inoltre, la crescita, la competitività e la leadership globale dell’UE nel settore.

E’ in linea con l’obiettivo dell’UE di neutralità climatica entro il 2050 previsto dal Green Deal e speriamo che le azioni che ne seguiranno ridefiniscano le priorità economiche e sociali, orientandole a criteri di maggiore sostenibilità.

QUALI SONO I BENEFICI CHE IL PROGETTO upPE-T PUÒ APPORTARE? 

UpPE-T considera la circolarità nella catena del valore: è stato ideato in piena coerenza con quanto previsto dalla “Strategia europea per la plastica nell’economia circolare” ed il team di ricerca è impegnato nella individuazione di possibili alternative alla degradazione chimica della plastica; in questi termini potrebbe contribuire anche all’attuazione di politiche di protezione della salute. 

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