Unione Nazionale Consumatori Umbria | Cambiano le norme sulla TARI per l’industria, gli artigiani, l’agricoltura e la pesca
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Cambiano le norme sulla TARI per l’industria, gli artigiani, l’agricoltura e la pesca

Cambiano le norme sulla TARI per l’industria, gli artigiani, l’agricoltura e la pesca

 

28 aprile 2021

Il D. Lgs. n. 116 del 03/09/2020, emanato in attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti d’imballaggio, ha rivoluzionato la gestione dei rifiuti disciplinata dal “Codice dell’Ambiente” (Testo Unico Ambientale), approvato con il D. Lgs. 03/04/2006, n. 152 (in breve: “TUA”), modificando, in particolare:

  • l’art. 183, che introduce al comma 1, lett. b-ter), la definizione di “rifiuti urbani”, uniformandola alle direttive dell’UE e individua, al punto 2, i rifiuti provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici, facendo venir meno i cosiddetti “rifiuti assimilati“;
  • l’art. 184, comma 3, che ha modificato l’elenco e la classificazione dei rifiuti speciali;
  • l’art. 198, che abroga la lett. g), del comma 2, abrogando la competenza dei comuni in materia di regolamentazione sull’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, e realizzando in tal modo una classificazione dei rifiuti uniforme su tutto il territorio nazionale, in osservanza alla nuova definizione di “rifiuti urbani” di derivazione dal diritto dell’UE, facendo venir meno, a decorrere dal 1° gennaio 2021, anche i limiti quantitativi già stabiliti dai regolamenti comunali;
  • l’art. 198, dove è stato inserito il comma 2-bis, il quale dispone che le utenze non domestiche possono conferire, al di fuori del servizio pubblico, i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto privato che effettua tale attività;
  • l’art. 238, dove è stato sostituendo il comma 10, per stabilire l’esclusione della corresponsione della componente tariffaria, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti, per le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani e li conferiscono al di fuori del servizio pubblico, previa attestazione rilasciata dal soggetto privato che effettua tale attività. Inoltre, la norma precisa che la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico, ovvero del ricorso al mercato, deve essere effettuata per un periodo non inferiore a cinque anni. Pertanto, si renderà necessario modificare quanto prima l’art. 238 del TUA, nella parte in cui disciplina la c.d. tariffa integrata ambientale (TIA2), soppressa dall’art. 14, comma 46, del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

 

Chiarimenti forniti dal Ministero della Transizione Ecologica con la circolare nr. 37259 del 12 aprile 2021.

 

Per dirimere talune problematiche riscontrate nel coordinamento normativo tra l’art. 1 commi 639 e 668 della Legge n. 147/2013, istitutiva della TARI, e le novità introdotte dal D. Lgs. n. 116/2020, è intervenuto il Ministero della Transizione Ecologica (in breve: “Mite”) con la circolare interministeriale nr. 37259 del 12 aprile 2021, precisando che:

  1. a partire dall’anno in corso, i rifiuti si distinguono in speciali e urbani, secondo la classificazione operata direttamente dalla legge, visto che la norma che conferiva ai comuni il potere regolamentare in materia è stata abrogata;
  1. sono qualificabili come rifiuti urbani solo quelli prodotti dalle attività elencate nell’allegato L-quinques al D. Lgs. n. 152/2006, rientranti nella descrizione contenuta nell’allegato L-quater al medesimo decreto;
  1. le attività industriali sono state cancellate dal suddetto elenco L-quinquies e la qualifica di specialità è stata attribuita ai soli «rifiuti della produzione», e che l’esclusione dalla tassa riguarda non l’intero insediamento industriale ma solo le aree di lavorazione, in cui dovrebbero essere compresi i depositi di materie prime e di prodotti finiti.

 

Tuttavia, va rielevato che andrebbe adeguata la normativa sulla TARI nella parte in cui limita tuttora l’agevolazione ai soli depositi «funzionalmente ed esclusivamente» connessi alle aree di formazione dei rifiuti speciali, altrimenti l’interpretazione ministeriale potrebbe non essere sufficiente, atteso che sembra andare al di là del dettato letterale normativo.

 

Definizione di “rifiuti urbani”

 

Le novità introdotte dal D. Lgs. nr. 116/2020, sulla definizione di “rifiuti urbani”, come già accennato, hanno fatto venir meno il concetto di “rifiuti assimilati” e il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, operando quindi una classificazione dei rifiuti uniforme su tutto il territorio nazionale.

Oltre alla modificazione dell’elenco dei “rifiuti speciali” per le “utenze non domestiche”, è stata prevista inoltre la possibilità di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto privato incaricato per il recupero dei rifiuti stessi.

La riduzione della quota variabile della TARI deve essere riferita a qualunque processo di recupero, compreso quindi il riciclo al quale i rifiuti sono avviati e l’attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di avvio a recupero dei rifiuti è sufficiente ad ottenere la riduzione della quota variabile della tassa in rapporto alla quantità dei rifiuti stessi, a prescindere dalla quantità degli scarti prodotti nel processo di recupero.

Per le utenze non domestiche rimane impregiudicato il versamento della TARI relativa alla parte fissa, calcolato sui servizi indivisibili forniti. La scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta deve essere comunicata (al comune o al gestore del servizio nelle aree in cui vige la tariffa corrispettiva) entro il 31 maggio di ciascun anno (art. 30, comma 5 del D.L. n. 41/2021).

Dalla lettura sistematica delle norme in materia di TARI, emerge, come già rilevato, uno scarso coordinamento normativo tra l’art. 1, comma 649 della legge n. 147/2013, che richiama ancora i c.d. “rifiuti speciali assimilati”, tipologia non più esistente, in quanto del tutto superata e sostituita dalla nuova definizione di “rifiuti urbani, prevista dal D. Lgs. n. 116/2020 emanato in attuazione delle direttive (UE) 2018/851 e (UE) 2018/852.

Inoltre, la medesima disposizione collega la riduzione della quota variabile della TARI alle quantità di rifiuti che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, a differenza di quanto previsto dal comma 10 dell’art. 238 che invece fa riferimento ai rifiuti avviati al recupero, così pure il comma 2-bis dell’art. 198 TUA, inserito dal D.Lgs. n. 116/2020, stabilisce che le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.

 

Termine di invio della comunicazione

 

L’art. 30, comma 5, D.L. n. 41/2021  (decreto “Sostegni”) stabilisce che la comunicazione ai comuni o agli enti gestori interessati deve essere effettuata entro il 31 maggio di ciascun anno. La stessa disposizione prevede che, limitatamente al 2021, gli atti afferenti alla TARI (la tariffa, il regolamento TARI e la tariffa corrispettiva) debbano essere approvati entro il termine del 30 giugno, sulla base del piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti. Per gli anni successivi, in assenza di una conferma del termine di approvazione degli atti deliberativi al 30 giugno ovvero di un’apposita modifica normativa relativa al termine di presentazione della comunicazione da parte della utenza non domestica, per consentire ai comuni di gestire in tempo utile le variazioni conseguenti alla scelta del ricorso al mercato da parte delle utenze non domestiche, la relativa comunicazione dovrebbe essere effettuata l’anno precedente a quello in cui la stessa deve produrre i suoi effetti. Tale comunicazione incide, infatti, sulla predisposizione del PEF del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani, ai fini della determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva.

Le utenze non domestiche effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale. La scelta di affidarsi a un gestore alternativo a quello del servizio pubblico deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero e ha quindi valenza a partire dall’anno successivo a quello della comunicazione.

 

Locali ove si producono rifiuti “urbani” e “speciali” con riferimento alle diverse categorie di utenza.

 

  1. Attività industriali – rifiuti di cui all’articolo 184, comma 3, lettera c) del TUA.

 

Le attività industriali possono produrre sia rifiuti urbani che speciali e ciò implica che:

 

  • è necessario distinguere le superfici dove avviene la lavorazione industriale, ivi compresi i magazzinidi materie prime, di merci e di prodotti finiti, che sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile;
  • continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, relativamente alle superfici produttive di rifiuti urbani, come ad esempio, mense, uffici o locali funzionalmente connessi alle stesse. Per la tassazione di dette superfici si tiene conto delle disposizioni del D.P.R. n. 158/1999, limitatamente alle attività simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti a quelle indicate nell’allegato L-quinquiesalla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006;
  • laddove l’utenza non domestica scelga di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, resta dovuta solo la quota fissapoiché l’art. 1, comma 649 della Legge n. 147/2012, ma anche il comma 10 dell’art. 238 sopra menzionato, prevedono l’esclusione della sola componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti e cioè della parte variabile.

 

  1. Attività artigianali – rifiuti di cui all’articolo 184, comma 3, lettera d) del TUA.

 

Considerazioni analoghe a quelle svolte con riferimento ai rifiuti derivanti dalle attività industriali si estendono anche alle attività artigianali indicate nel citato art. 184, comma 3, lett. d), del TUA.

 

  1. Attività agricole, agroindustriali e della pesca – rifiuti di cui all’articolo 184, comma 3, lettera a) del TUA.

 

In merito alle attività di cui all’articolo 184, comma 3, lettera a) del TUA (agricole, agro-industriali, agri-turismo, silvicoltura e pesca) il Mite precisa che l’attuale formulazione delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 116/2020 porta a classificare come speciali tutti i rifiuti derivanti da dette attività, comprese anche quelle ad esse connesse di cui all’art. 2135 c.c.

Difatti, l’art. 183, comma 1, lettera b-sexies del TUA dispone che “i rifiuti urbani non includono, tra gli altri, i rifiuti di produzione dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca” e l’art. 184, comma 3, lettera a), prevede che sono rifiuti speciali i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività agricole, agro-industriali, della silvicoltura e della pesca, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.

Inoltre, dagli allegati L-quater e L-quinquies del TUA (Elenco dei rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2), rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 c.c.

Da quanto sopra esposto, si evince che i rifiuti derivanti dalle attività agricole, agro-industriali, della silvicoltura e della pesca, sono escluse dall’applicazione del nuovo regime previsto per i rifiuti urbani, in quanto restano produttive di rifiuti speciali. Tale esclusione è in linea con quanto previsto dalla direttiva dell’UE sopra menzionata (art. 3), la quale precisa che i rifiuti urbani non includono, tra gli altri, i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca.

Considerato che la previsione di chiusura contenuta nell’allegato L-quinquies della Parte quarta del TUA stabilisce che le “attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe”, si ritiene che tale previsione possa essere applicata alle attività relative di produzione agricola, agro-industriali, silvicoltura e pesca, che presentano le medesime caratteristiche riportate nel citato allegato, per le quali è possibile concordare con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio stesso per le tipologie di rifiuti indicati nell’allegato L-quater della citata Parte quarta del TUA.

 

Dott. Alessandro Mattii