Borracce, chi controlla sui prodotti in vendita?
Novità sulla commercializzazione delle borracce: il Ministero della Salute che avevamo sollecitato chiedendo una maggiore trasparenza nella commercializzazione di questo prodotto sempre più diffuso si è impegnato “a richiamare le Associazioni di categoria ad intervenire all’adeguamento o al miglioramento, da parte dei produttori/distributori delle indicazioni/informazioni da fornire ai consumatori, oltre che al rispetto della normativa vigente.”
Ricostruiamo la vicenda: nei mesi scorsi la nostra associazione ha portato avanti la campagna #occhioallaborraccia da cui è emersa una diffusa confusione da parte dei consumatori sull’utilizzo e la manutenzione delle borracce (la ricerca di Euromedia Research che riportiamo di seguito lo testimonia); sono risultate confuse (anche e soprattutto) le normative e certificazioni sui prodotti messi in commercio.
Nessun marchio CE o indicazioni che si tratta di prodotti a contatto con gli alimenti appaiono sulla maggior parte dei prodotti in commercio: insomma se per mascherine e presidi medici la certificazione è d’obbligo, non si capisce perché nel caso delle borracce, pur essendo prodotti a contatto con un alimento (l’acqua), nessuno controlla che siano messe in vendita con un’adeguata indicazione!
LA RISPOSTA DEL MINISTERO DELLA SALUTE
Per questo motivo UNC ha scritto al Ministero della Salute e al Ministero dello Sviluppo economico chiedendo norme più stringenti sulla commercializzazione delle borracce.
Non avere alcuna certificazione che garantisca i prodotti messi in vendita vuol dire non avere certezze sui materiali utilizzati: proprio qualche giorno fa, una ricerca del Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università La Sapienza di Roma ha messo in luce che le borracce in acciaio e alluminio rilascerebbero nell’acqua quantità di metalli, ftalati e bisfenolo A ai limiti di legge. Tali cessioni, (seppur rientrino nei parametri di legge) possono aggiungersi ai metalli spesso presenti nell’acqua potabile di rubinetto con il rischio, per chi usa abitualmente le borracce, di oltrepassare le soglie considerate sicure per la salute.
Anche su questo l’Unione Nazionale Consumatori ha chiesto al Ministero una valutazione urgente ai fini di garantire la sicurezza dei cittadini che utilizzano le borracce.
Dopo cinque mesi dalla nostra richiesta è giunta la risposta del Ministero della Salute che ci sembra un primo passo verso la trasparenza nella commercializzazione delle borracce. Adesso vedremo se dopo aver fatto luce sul problema, ai buoni propositi seguirà una normativa stringente.
GLI ITALIANI E LE BORRACCE
Proprio in virtù della crescente diffusione delle borracce, diventate nell’ultimo anno un vero e proprio status symbol, è nata l’idea dell’indagine che UNC ha commissionato a Euromedia Research, per indagare sulle abitudini di consumo degli italiani rispetto alle borracce.
Il primo dato che emerge dall’indagine è una fotografia delle abitudini dei consumatori fuori casa: il 65,1% degli intervistati utilizza fuori casa le bottigliette in PET, a fronte di un 34,9% che predilige le borracce. Dalla ricerca possiamo dedurre l’utilizzatore tipo della borraccia: sono più donne (36%) che uomini (33,7%), di un’età media tra 18 e 24 anni (45,9%), soprattutto del Sud (39,7%) e del Nord Ovest (39,1%). Il 42% sono lavoratori dipendenti e il 43,6% ha una condizione socio-economica Alta/medio alta.
E’ interessante quanto emerge sulle motivazioni che spingono i consumatori ad utilizzare le borracce: il 61,6% degli intervistati dichiara che usa la borraccia perché non inquina l’ambiente; d’altra parte è ancora l’abitudine a guidare molte scelte dei consumatori, se consideriamo che il 42,8% di chi sceglie le bottigliette in Pet lo fa proprio per questo.
Arriviamo, dunque, all’altra caratteristica delle borracce che guida le scelte dei consumatori: l’81,7% dei cittadini afferma che l’uso della borraccia è “più alla moda” rispetto alle bottiglie in PET. Vien da pensare che a sedimentare questo dato hanno contribuito le diverse campagne di comunicazione di soggetti pubblici e privati che hanno brandizzato le borracce con i loro loghi diffondendole tra i propri stakeolders, oltre ad un’operazione di svecchiamento dell’oggetto che è diventato sempre più ricercato e di tendenza.
Se quindi associare la borraccia all’ecologia (90,8%) e alla moda (81,7%) è facilmente spiegabile, merita qualche riflessione il dato relativo alla tutela della salute (78,3%).
Aspetto che viene confermato quando si chiede: è più salutare la bottiglietta di plastica o la borraccia? Il 26,8% degli intervistati risponde la bottiglietta in Pet e il 73,2% la borraccia.
Rimanendo in tema di salubrità: 1 italiano su 4 sembra non essere a conoscenza che le borracce necessitino di manutenzione o pulizia particolare: infatti il 17% dei consumatori crede che non sia necessaria una manutenzione o una pulizia particolare per poterle usare correttamente, mentre un 9% sembra non essersi neanche mai posto il problema!
D’altra parte, parlando di norme igieniche legate ad oggetti che entrano in contatto con il cibo e le bevande, 1 italiano su 5 ammette di non saper riconoscere i contenitori destinati a venire a contatto con gli alimenti e che seguono i dettami di Legge.
Forse proprio da questa consapevolezza, nasce la richiesta -a gran voce visto che si esprime così il 90.2% del campione- di una norma che preveda l’obbligatorietà di indicare chiaramente i contenitori e le borracce destinati a venire a contatto con gli alimenti.
Le normative attuali sui materiali a contatto con alimenti, infatti, non sempre vengono rispettate e andrebbero richiamate da parte delle autorità sanitarie.
COMMITTENTE: Unione Nazionale Consumatori
METODOLOGIA Campione L’indagine è stata realizzata attraverso l’utilizzo di interviste con metodologia C.A.W.I. e C.A.T.I./C.A.M.I. effettuate somministrando il questionario ad un campione rappresentativo dei cittadini italiani maggiori di 18 anni. Campione: 1.000 unità (Universo di riferimento: 50.680.412 maggiorenni – Fonte: ISTAT 2019 – Errore statistico: 3.1%): 700 casi rappresentativi di consumatori con meno di 55 anni reperiti tramite metodologia C.A.W.I.; le rimanenti 300 interviste agli over 55enni sono effettuate con metodologia C.A.T.I./C.A.M.I.
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