La strana idea di una legge sulla “doggy bag”
Perchè si poteva fare a meno della legge sulla doggy bag
Ci mancava solo una legge per rendere obbligatoria la doggy bag! Legge inutile e forse anche dannosa. Ora vi spiego perché potevamo fare tranquillamente a meno del disegno di legge che prevede di introdurre l’obbligo di fornire ai clienti dei ristoranti un contenitore usa e getta in cui mettere gli avanzi del cibo che il cliente non ha consumato per portarlo a casa.
Comincio con la necessaria premessa: lo spreco alimentare è un problema molto serio. Basterebbe citare i dati diffusi (tra gli altri) dalla Fondazione Barilla, secondo cui ogni italiano spreca in media 65 chili di cibo ogni anno. Secondo Waste Watcher, un osservatorio sullo spreco alimentare nel mondo, in Italia nel 2022 sono finiti nella spazzatura più di 4,2 milioni di tonnellate di cibo, per un valore economico di 9,3 miliardi di euro.
Ecco perchè stimoliamo consapevolezza
Una perdita inaccettabile: non a caso partecipiamo ogni anno a progetti nazionali ed europei utili a stimolare nei consumatori una maggiore consapevolezza sul tema. E ha ragione chi dice che c’è ancora molto da fare. Al contrario di quanto accade in altri Paesi, da noi l’abitudine di chiedere un contenitore in cui conservare gli avanzi dei pasti al ristorante è poco diffusa. Negli Stati Uniti, invece questa pratica ha origini antichissime. Secondo alcuni risalenti agli anni Quaranta del Novecento allorchè a San Francisco, in California, alcuni ristoratori iniziarono a fornire ai clienti su richiesta dei “pacchetti per animali domestici”, contenitori di cartone in cui conservare il cibo che non erano riusciti a consumare a tavola. Del resto -si sa- oltreoceano i ristoranti sono piuttosto generosi con le porzioni e a volte non riesci proprio a finire tutto quello che c’è nel piatto.
Nel tempo questa consuetudine è stata integrata in quasi tutti i ristoranti. Infatti nel frattempo hanno iniziato a creare delle confezioni sempre più gradevoli e poi anche dei contenitori adatti per le bevande o il vino non terminato durante i pasti
Negli ultimi anni in Europa diversi paesi hanno adottato delle leggi per rendere obbligatorie le “doggy bag” nei ristoranti. Questo perché vengono considerate utili per tutelare i consumatori (che pagano per quello che ordinano e dovrebbero avere il diritto di portarselo via). E anche per limitare il più possibile gli sprechi alimentari. Nel 2022 in Spagna è entrata in vigore una legge che obbliga i ristoratori a fornire le doggy bag ai clienti che ne facciano richiesta e a informarli di questa possibilità prima dell’inizio del servizio. In Francia la legge che obbliga a fornire le “doggy bag” è entrata in vigore nel 2021.
Qual è il problema in Italia
Allora perché non sostenere un’analoga normativa in Italia? Beh, intanto perché qui da noi il diritto di portare a casa gli avanzi è già un diritto riconosciuto al consumatore dai principi generali dell’ordinamento per cui se acquisti una pietanza hai tutto il diritto di portarla via se non riesci a consumarla sul posto! Al giorno d’oggi non ho mai sentito di un ristoratore che neghi al consumatore questa possibilità. Al più, se previsto nel menu, si può addebitare giustamente al cliente il costo della vaschetta, niente di più.
Ed invece questa legge rischia di aggravare ulteriormente il carico di lavoro dei ristoratori che dovranno (pena una multa) mettere a disposizione confezioni sostenibili che andranno conservate da qualche parte. Non fatico a immaginare che possano derivarne persino un ulteriore escalation dei costi e qualche controversia. Ad esempio, sull’addebitabilità del servizio (chi paga il cameriere che prepara la vaschetta?)
Certamente andrebbe favorita una maggiore consapevolezza sugli sprechi al ristorante. Ma basterebbe (come già fanno molti ristoratori) essere più chiari sulle porzioni servite così incoraggiando i clienti a non strafare con le ordinazioni. In questo modo si può essere sicuri di finire tutto il cibo che sarà servito, mentre l’obbligatorietà delle “doggy bag” finirebbe per andare contro agli interessi dei ristoratori, ma anche degli consumatori, perché il costo aggiuntivo che richiesto per l’acquisto dei contenitori ricadrebbe sullo stesso cliente con l’aumento del prezzo del piatto.
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