Unione Nazionale Consumatori Umbria | I giornalisti alla prova Covid: poco fact-checking e scarse conoscenze scientifiche
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I giornalisti alla prova Covid: poco fact-checking e scarse conoscenze scientifiche

I giornalisti alla prova Covid: poco fact-checking e scarse conoscenze scientifiche

I giornalisti nella fase dell’emergenza Covid si sono imbattuti spesso nella disinformazione ma hanno fatto poco fact-checking. La professione alla prova dell’emergenza pandemia secondo l’Osservatorio pubblicato dall’Agcom.

 

giornalisti alla prova dell’emergenza Covid si sono imbattuti spesso in casi di disinformazione ma non sono riusciti a fare fact-checking. Ci hanno provato, certo. Ma solo uno su cinque ha prodotto articoli di fact-checking.

Il 73% dei giornalisti ha riscontrato casi di disinformazione in pandemia, soprattutto su Facebook e Whatsapp. Nella copertura delle notizie, e della pandemia, i giornalisti si sono affidati soprattutto alle fonti istituzionali e alla voce di scienziati ed esperti, spesso senza filtri e mediazioni.

La pandemia ha insomma messo in evidenza le criticità in cui si muovono i giornalisti e il giornalismo in senso generale, alle prese con una serie di problemi che riguardano la precarizzazione del lavoro e la “insoddisfacente preparazione specialistica in particolare sui temi economici, scientifici e tecnologici”.

 

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Osservatorio sul giornalismo. La professione alla prova dell’emergenza Covid-19. Fonte: Agcom 2020

 

Giornalisti in crisi d’identità

Giornalisti in crisi d’identità, e non da oggi. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato il dossier Osservatorio sul giornalismo. La professione alla prova dell’emergenza Covid-19. E ha dato il via a una consultazione pubblica per far luce sulle condizioni del lavoro giornalistico.

La pandemia ha rappresentato una sfida per i giornalisti. Nell’attività a distanza causa lockdown, quasi 9 giornalisti su 10 hanno fatto ricorso a fonti istituzionali piuttosto che a riscontri diretti. Ciò non sembra aver avuto un significativo impatto sui lettori, almeno riguardo le notizie relative agli aspetti sanitari: in 7 casi su 10 i cittadini si sono detti soddisfatti delle informazioni ricevute.

Giornalisti e disinformazione

I giornalisti si sono imbattuti spesso in casi di disinformazione. Più difficile è stato per loro fare attività di debunking e quindi smascherare attivamente bufale e notizie false, dubbie, antiscientifiche, infondate.

«Circa i tre quarti (73%) della popolazione giornalistica si è imbattuta in casi di disinformazione durante l’emergenza COVID-19 – si legge nell’Osservatorio – Il 78% di questi ha riscontrato casi di disinformazione più di una volta a settimana e il 23% di essi addirittura una volta al giorno. La fonte principale di casi di disinformazione è certamente Facebook, citata da quasi tutti coloro che si sono imbattuti in episodi del genere (88%), mentre più della metà dei giornalisti li ha individuati nelle chat e nei gruppi di Whatsapp (55%)».

La maggior parte delle pratiche adottate nei confronti delle notizie false riguarda l’uso di strumenti digitali per verificare i contenuti. Sono pochi, come si diceva, i giornalisti che hanno fatto attivamente fact-checking.

«Quasi due terzi (63,5%) dei giornalisti dichiara di aver adottato pratiche per individuare e analizzare notizie false riguardanti l’emergenza COVID-19. Il 62% di questi ha usato strumenti digitali per verificare video/immagini/audio/meme falsi, ma: solo 1 su 5 ha prodotto articoli di fact-checking, solo 1 su 10 ha fatto live fact-checking durante conferenze stampa o discorsi pubblici, e solo 1 su 20 è stato coinvolto in campagne di media literacy volte ad aiutare i cittadini a identificare casi di disinformazione».

 

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Osservatorio sul giornalismo. La professione alla prova dell’emergenza Covid-19. Fonte: Agcom 2020

 

I giornalisti e le (scarse) conoscenze scientifiche

Quello che rischia di entrare in crisi (se già non lo è) è il ruolo di mediazione dei giornalisti.

«In un delicato momento in cui i cittadini devono essere accompagnati da voci esperte, i giornalisti – scrive l’Agcom – non sono pienamente riusciti, se non in alcuni ma significativi casi, ad assumere un ruolo di debunker e certificatori delle notizie di qualità, lasciando alle istituzioni pubbliche e agli esperti il complesso compito di filtrare, selezionare e decodificare correttamente conoscenze e notizie di interesse collettivo».

Questo rimanda anche a un’altra carenza: i giornalisti sanno poco di scienza.

A causa della «scarsa attitudine ad attività ad alto contenuto innovativo e del basso livello di conoscenza specialistica su temi scientifici da parte dei giornalisti», questi hanno usato soprattutto fonti istituzionali e hanno dato spazio «senza filtri e mediazioni» a scienziati ed esperti cui anche i cittadini potevano accedere facilmente.

Durante l’emergenza coronavirus, inoltre, quattro giornalisti su dieci non si sono occupati di temi che abitualmente trattavano. E questo non ha riguardato solo settori quali cultura e sport.

«Pur con importanti eccezioni, si è registrata – conclude l’Agcom – una generalizzata difficoltà delle redazioni a misurarsi tecnicamente con linguaggi e specifiche esigenze dell’informazione di carattere medico-scientifico, “delegando” di fatto a istituzioni ed esperti il compito di informare direttamente i cittadini, nonché di certificare autorevolezza e qualità dell’informazione in materia».

La sfida per il futuro della professione

Questo, a lungo andare, fa venir meno il ruolo stesso dei giornalisti. Lo mette profondamente in discussione se non in crisi. Tanto più se i giornalisti non riusciranno a controllare il circuito dell’informazione e della disinformazione.

Scrive infatti l’Agcom: «Se le istituzioni nazionali e regionali/locali e le istituzioni e le personalità del mondo scientifico, a cui sia i giornalisti sia i cittadini possono accedere allo stesso modo, rimarranno, anche dopo il periodo segnato dalla pandemia, il principale snodo informativo su un numero rilevante di questioni di interesse collettivo, e se gli stessi giornalisti non riusciranno a dotarsi di competenze digitali e specialistiche utili a poter esercitare un maggior controllo sull’intero circuito dell’informazione (e della disinformazione), il ruolo di mediazione storicamente esercitato dai professionisti dell’informazione fin dalla nascita della sfera pubblica occidentale rischia di essere messo in discussione».

da Helpconsumatori (Siamo molto d’accordo! E su questo tema tra poco attiveremo un progetto di informazione contro le FAKE NEWS!).