Unione Nazionale Consumatori Umbria | Consumi degli italiani: perché cambiano i prezzi?
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Consumi degli italiani: perché cambiano i prezzi?

Consumi degli italiani: perché cambiano i prezzi?

Scendono i pesi di fornitura acqua (-8,8%), raccolta rifiuti (-11,2%) e affitti (-6,5%). Entra il pasto all you can eat, esce il Regolabarba. Ma l’Istat continua a non dare i prezzi della pasta e del caffè al bar.

E’ arrivato il nuovo paniere dell’Istat, valido per la rilevazione dei prezzi al consumo nel 2024.

L’Istituto nazionale di statistica, infatti, per calcolare l’inflazione misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di prodotti (il paniere) rappresentativo di tutti i beni e servizi destinati al consumo finale delle famiglie.

Cosa influisce maggiormente sul calcolo dell’inflazione?

Ogni anno l’Istat rivede l’elenco dei prodotti per poter riflettere il cambiamento e l’evoluzione dei comportamenti e delle abitudini di acquisto degli italiani, così che il paniere possa sempre contenere quanto prevalentemente acquistato dal complesso delle famiglie. Ad esempio, dopo l’arrivo del Covid-19, nel paniere 2021 sono entrate le mascherine chirurgiche, le mascherine ffp2 e i gel igienizzante per le mani. Ebbene nel 2024 entrano: apparecchio per deumidificazione e purificazione aria, lampadina smart, pasto all you can eat, piastra per capelli, rasoio elettrico, scaldaletto elettrico, pavimento laminato, corsi di tennis o padel, di acquagym, di calcio e calcetto. Escono, meno comprensibilmente: E-book reader, Dispositivo per il tracking delle funzioni vitali, Tagliacapelli elettrico, Regolabarba elettrico.

Questo elenco, dato che fa colore, l’avete letto su tutti i giornali, ma in verità non influisce molto ai fini del calcolo dell’inflazione, considerato che nel paniere figurano 1.915 prodotti elementari, molto più “pesanti”. Assai più influenti sono, appunto, i pesi che i beni e i servizi hanno all’interno del paniere, ossia l’importanza che hanno, in modo che le singole voci contribuiscano alla misura dell’inflazione in relazione alla quota di spesa che le famiglie destinano al loro acquisto. In pratica, se per acquistare pesce si spende la metà rispetto alla carne, l’aumento dei prezzi della carne deve contare il doppio rispetto al rincaro del pesce.

Anche i pesi, o per dirla più tecnicamente i coefficienti di ponderazione degli indici, sono aggiornati ogni anno per mantenere nel tempo la loro rappresentatività con i bilanci delle famiglie. Le variazioni dei pesi dipendono dall’effetto spesa (la quota di spesa per l’acquisto dei diversi prodotti da parte delle famiglie) e dall’effetto rivalutazione (le spese sono rivalutate sulla base della loro variazione dei prezzi).

Analizzando le dodici divisioni di spesa che compongono l’inflazione generale, l’aumento più elevato in termini percentuali rispetto ai pesi dello scorso anno è quello dei servizi ricettivi e di ristorazione (+9,9%), poi trasporti (+4,2%), altri beni e servizi (+4,1%), ricreazione, spettacoli e cultura (+2,1%). Registrano un incremento lievissimo i Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+0,3%) e i Servizi sanitari e spese per la salute (+0,05%). In calo, invece, nell’ordine: Mobili, articoli e servizi per la casa (-10,1%), Comunicazioni (-8,8%), Abbigliamento e calzature (-7,3%), Istruzione (-5,3%), Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-4%), Bevande alcoliche e tabacchi (-2,9%).

E qui sorge qualche perplessità. Se il calo della voce Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-4%) era atteso, visto che i prezzi delle bollette di luce e gas sono scesi rispetto ai picchi del quarto trimestre 2022, il rialzo dei prodotti alimentari bevande analcoliche, +0,3%, è meno di quanto ci attendevamo visto l’effetto rivalutazione, ossia il fatto che nel 2023 questa voce ha avuto un’inflazione media del 10%.

Scendendo di livello, dubbi anche per l’entità della riduzione rispetto al 2023 delle voci fornitura dell’acqua (-8,8%), raccolta rifiuti (-11,2%) e affitti (-6,5%). Inutile dire che se i pesi sono imprecisi si falsa per un anno intero il calcolo dell’inflazione. Se il peso di un bene che sta rincarando è basso, l’inflazione sarà sottostimata e viceversa.

Istat e Mimit: rilevazioni e variazioni dei prezzi

Altra cosa molto più significativa degli ingressi e delle uscite dal paniere, sono le metodologie utilizzate per le rilevazioni dei prezzi. Finalmente l’Istat ha accolto una richiesta che abbiamo fatto ininterrottamente dal 2017 nelle riunioni ufficiali che si svolgono al ministero (Mimit) con le associazioni di consumatori, ossia di utilizzare la banca dati dell’Ivass per l’assicurazione rc auto, cosa veramente utile, però, se saranno pubblicati i rincari a livello provinciale. Bene anche le modifiche per la rilevazione dell’energia elettrica e del gas, che tengono conto dell’andamento dei prezzi sia per i vulnerabili sia per chi, alla scadenza del mercato tutelato, non ha effettuato alcuna scelta, passando quindi per il gas alla placet in deroga e per la luce al Servizio a Tutele Graduali. Anche in questo caso, però, l’integrazione sarà rilevante per i consumatori solo se gli eventuali aumenti saranno comunicati a livello territoriale.

Ma il vero problema che solleviamo noi di Unione Nazione Consumatori all’Istat e al Mimit, ogni anno, da 7 anni, è che non pubblica le variazioni dei prezzi di tutti i 1.915 prodotti elementari monitorati.

Nel paniere del 2024 figurano 1.915 prodotti elementari, raggruppati poi in 1.045 prodotti, a loro volta raccolti in 425 aggregati, 315 segmenti di consumo, 235 sottoclassi, 102 classi, 43 gruppi di prodotto e 12 divisioni di spesa. Ebbene, il livello di pubblicazione degli indici si ferma ai 315 segmenti di consumo e non arriva nemmeno ai 425 aggregati di prodotto.

Per fare degli esempi, non comunica quanto rincara la pasta che comperiamo al supermercato, chiamata tecnicamente pasta secca, dato che diffonde i rialzi solo della pasta secca insieme a quella fresca, che comprende ad esempio gli gnocchi (?!?). Insomma, il cibo simbolo della nostra cucina nel mondo manca. E se per caso a vostro avviso l’emblema culinario del Made in Italy non è la pasta ma la pizza, beh sappiate che non divulga i prezzi neanche di quella, dato che dà i prezzi del pasto in pizzeria che comprende anche bibita e servizio. Non pubblica neanche gli aumenti dei prezzi del caffè al bar, altro rito degli italiani, né i pannolini, gli stabilimenti balneari, impianti di sci, corredo scolastico, funerali privati e così via. Così ogni anno su queste voci ci tocca leggere sui giornali numeri dati a casaccio da altre improbabili fonti.

Ancora maggiori le lacune, per non dire le voragini, a livello territoriale, ossia l’inflazione che viene comunicata a livello regionale e comunale, sia perché mancano città importanti (Taranto, Foggia, Lecce, Latina, Salerno, Pesaro, Prato, Asti), sia perché i dati pubblicati sono pochissimi: le 12 divisioni di spesa e i 43 gruppi di prodotto. Mancano all’appello gasolio, benzina, ristoranti, alberghi, luce, gas, rc auto, parcheggi, case di cura per anziani solo per fare degli esempi.

Il problema non è la rappresentatività del campione per poter dare l’inflazione generale, che è garantita lo stesso. Il punto, la svolta che chiediamo all’Istat e al Mimit di fare, inutilmente da 7 anni, è che la missione dell’Istat non deve essere solo quella di fare il compitino di calcolare l’inflazione totale ma di pubblicare e denunciare tutti i rincari, sia a livello nazionale che territoriale, di tutti i beni e servizi di largo consumo, così che si possa rilevare ogni rialzo anomalo.

Speculazioni: chi può intervenire?

Come possono le istituzioni intervenire contro le speculazioni se manca un soggetto che abbia il compito di denunciarle ufficialmente? E questo soggetto non può che essere l’Istat che è l’unico che ha gli strumenti legislativi e tecnici per rilevarli. Non certo il Garante per la sorveglianza dei prezzi o la Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi, talmente rapida che si è accorta il 25 maggio 2023 che il 1° gennaio 2023 non si era verificata la riduzione dei prezzi dei pannolini che ci sarebbe dovuta essere per via della diminuzione dell’Iva e che per dirlo ha dovuto elaborare, indovinate un po’, gli indici dei prezzi al consumo dell’Istat.
L’Istat se ne sarebbe potuta accorgere immediatamente, grazie agli scanner data, peccato che non dia le variazioni dei prezzi dei pannolini, dato che li mischia insieme a tutti gli altri prodotti per la cura e l’igiene personale.

In Italia già mancano strumenti efficaci per poter poi intervenire contro le speculazioni, mezzi che chiediamo al legislatore, inutilmente, ad ogni legge annuale sulla concorrenza. Ma il primo passo, la precondizione, è almeno sapere che la speculazione c’è stata, altrimenti non si va da nessuna parte, la battaglia non inizia nemmeno o comincia troppo in ritardo, dopo che i buoi sono già scappati.