Unione Nazionale Consumatori Umbria | Comunioni, cresime, matrimoni ai tempi del covid19: caparra e restituzioni?
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Comunioni, cresime, matrimoni ai tempi del covid19: caparra e restituzioni?

Comunioni, cresime, matrimoni ai tempi del covid19: caparra e restituzioni?

L’impossibilità di fruire di molti servizi è innegabile. Ad esempio sono stati chiusi ristoranti e bar e anche le cerimonie religiose sono state sospese, sicché molte famiglie si saranno trovate nella condizione di aver pagato delle caparre a ristoranti o strutture per festeggiare comunioni o cresime; immaginiamo che la famiglia di Tizio abbia anticipato la somma di 1000 euro ed ora intenda ottenerne la ripetizione. Riteniamo non ci siano i presupposti per ottenere il doppio della caparra, stante la mancanza di un inadempimento da parte della struttura, tuttavia – per l’ipotesi in cui la famiglia non intendesse posticipare l’evento e le parti non addivenissero ad un accordo per un evento futuro, la struttura dovrà ripetere la somma incamerata a titolo di acconto o caparra. L’impossibilità sopravvenuta di dare corso al contratto di ristorazione, infatti, rappresenta una giusta causa per sciogliersi dal vincolo e ai sensi dei citati articoli 1256 e 1463 del Codice civile, la parte che ha ricevuto un acconto sul prezzo dovrà quindi restituirlo all’altra.

Ma maggio è anche periodo di matrimoni: escludiamo, dal presente contributo, le ipotesi in cui i coniugi decidano di annullare definitivamente le nozze e concentriamoci su quelle coppie che intenderanno solo posticipare la data. Allo stato attuale non pare neanche immaginabile poter fissare una data certa, quindi verosimilmente le parti dovranno concordare la restituzione di eventuali acconti e la risoluzione dal contratto. Viceversa potrebbe anche sostenersi l’ipotesi di un accordo meramente dilatorio, sicché la caparra/acconto già versata potrebbe ben essere imputata all’evento futuro. Ad ogni modo non è in discussione che la prestazione sia divenuta impossibile per chi aveva programmato le nozze nei mesi di marzo ed aprile, ma cosa accadrà per chi avrà fissato la data a luglio? Ebbene, non ci sono ancora certezze, ma riteniamo che sia comunque legittima una risoluzione o quanto meno una riduzione del compenso pattuito, alla luce del fatto che comunque dovranno essere mantenute distanze ed implementate soluzioni che inevitabilmente incideranno sul numero degli invitati o addirittura potranno comportare la necessità di modificare la location (si pensi ad esempio a chi ha programmato le nozze con 150 inviti in una struttura da 150 persone: in un caso analogo è evidente che la struttura ricettiva non sarà in grado di onorare l’impegno, perché la necessità di garantire i distanziamenti sociali comporterebbe la conseguenza di dover ridurre gli invitati o di modificare la location).

In questi giorni Facile.it ha commissionato una ricerca all’istituto mUp Research in collaborazione con Norstat su un campione rappresentativo di 1508 soggetti con età tra i 18 e i 74 anni e ne è emerso che poche famiglie hanno già ottenuto rimborsi: il 34,8% delle famiglie italiane avrebbe perso del denaro, ad esempio, per l’obbligo di annullare una vacanza già programmata e il 20,8% dei nuclei familiari non avrebbe potuto usufruire del biglietto aereo, navale o ferroviario. Come forma di rimborso, nel 35% dei casi è stato dato un voucher da poter riutilizzare in un’altra data, percentuale che sale fino a raggiungere il 40,6% nel Sud e nelle Isole e al 43,6% presso le famiglie composte da 4 o più persone. Ma oltre 1 famiglia su 3 (25,5%) non ha ottenuto alcun rimborso.  Dall’indagine emerge anche che il 13,7% dei rispondenti ha dichiarato che nella propria famiglia è stato necessario annullare prenotazioni fatte in hotel e B&B. In questo caso, il 35,5% dei nuclei familiari interessati ha ottenuto dalla struttura ricettiva un rimborso completo, mentre al 32,6% è stata data la possibilità di cambiare la data di check-in per una futura. Sarebbero poi 5,1 milioni le famiglie (pari al 27,6% dei nuclei familiari italiani) che hanno dovuto annullare i festeggiamenti per via del Covid-19, anche se avevano già sostenuto, in parte o in toto, i costi legati alla ricorrenza. La percentuale sale al 32,8% nel Sud e nelle Isole, e arriva addirittura al 35,7% fra le famiglie con 4 o più componenti. Un caso particolare evidenziato dall’indagine è quello legato alle feste di compleanno, di adulti o bambini, previste in sale prese in affitto. Il 13,7% delle famiglie italiane è stato costretto ad annullarle, e più della metà (50,8%) non è riuscita ad ottenere un rimborso. È andata meglio al 13,4% dei rispondenti che ha ottenuto un rimborso completo, o al 22,9% che ha avuto la possibilità di riutilizzare in un’altra data quanto pagato. Oltre 1,1 milioni di famiglie erano coinvolte in matrimoni che gli sposi sono stati costretti ad annullare ma, oltre al danno, hanno subito anche la beffa visto che il 29,1% di loro non ha ottenuto alcun rimborso per la cerimonia cancellata per i divieti sanciti da norme locali e nazionali.

Lo stesso dicasi per eventi e concerti: nel 49,2% dei casi è stata data la possibilità di riutilizzare quanto già acquistato in un’altra data, mentre nel 33,6% dei casi non si è ottenuto alcun rimborso. Il 7,8% delle famiglie ha dovuto poi disdire la propria partecipazione ad eventi sportivi, valore che raggiunge il 10,5% nei nuclei con 4 o più componenti e sale fino al 10,8% nelle famiglie in cui sono presenti figli minorenni.

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