Lavorare significa avere una scrivania ?

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Questo argomento contiene 2 risposte, ha 3 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Giuseppe T 5 anni, 9 mesi fa.

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  • Domenico Repetto
    Partecipante

    Il modo e il luogo in cui si lavora è soggetto a cambiamenti che rispondono quasi sempre all’esigenza di migliorare la produttività e al tempo stesso ridurre i costi.

    Dalla catena di montaggio in poi, tutti gli studi teorici e le applicazioni pratiche delle soluzioni organizzative hanno perseguito l’obiettivo di rendere compatibili benessere individuale, produttività e profitti. Creare ambienti e condizioni lavorative che facilitassero lo svolgimento delle mansioni, consentendo di usufruire di mense, asili e scuole per i figli, spacci aziendali e via discorrendo, è stata prerogativa di industriali e capitalisti illuminati. Oggi fa più notizia sapere che nelle aziende della Silicon Valley si può giocare a ping pong oppure andare in palestra, ma negli ultimi 50 anni (almeno in Italia) le mense si sono ridotte in favore dei più pratici e meno costosi buoni pasto, mentre gli asili vengono ancora inaugurati con grande clamore.
    Nei luoghi di lavoro, la catena di montaggio è scomparsa da tempo per lasciare spazio a isole di produzione più o meno grandi e a robot che come tali non sono soggetti a contributi previdenziali. Negli uffici, le riservate stanze con quattro scrivanie descritte nei libri e nei film di Paolo Villaggio hanno lasciato il posto a open space a geometria variabile.

    Ma fino ad oggi, uno strumento aveva mantenuto invariato il suo status di pietra angolare dell’organizzazione, desiderio di schiere di diplomati e laureati, sogno (lascivo) di possibili avventure nelle ore di straordinario: la scrivania. Questo mobile ha rappresentato, e rappresenterà ancora a lungo, lo strumento che stabilisce chi è al di là e chi è al di qua, il cliente dal venditore, il capo dal subordinato. In parole povere, la scrivania è il punto di mediazione, di incontro o di scontro tra due posizioni opposte. Le sue dimensioni stabiliscono le gerarchie, il suo corredo di portapenne, porta carte, cassetti e serrature costituiscono un messaggio chiaro: questo luogo è mio e non lo condivido con nessun altro. Perdere la scrivania equivale(va) a una condanna senza appello.

    La decisione di BNL di abolire le scrivanie nella nuova sede inaugurata a Roma ha generato un certa sorpresa e una massiccia dose di incredulità: sarà mai possibile che gli impiegati bancari, secondi solo a quelli pubblici quanto ad “attaccamento alla scrivania”, riusciranno a poterne fare a meno ? Abbattere il tabù della scrivania potrà essere utile ad accrescere la motivazione dei dipendenti di una grande banca o, al contrario, finirà con il renderli più insicuri ?

    A veder bene, si tratta di una decisione solo in apparenza rivoluzionaria. Già da tempo le grandi imprese nel settore dei servizi hanno introdotto soluzioni organizzative di condivisione degli spazi di lavoro, sia allo scopo di ridurre i costi sia di eliminare l’uso della carta (le scrivanie sono da sempre il ricettacolo di tutto quello che si potrebbe anche non stampare). Inoltre, per motivare i propri dipendenti le aziende hanno messo da parte l’idea di offrire uffici arredati con piante e mobili, privilegiando automobili, telefonini e tablet.
    La scrivania è quindi ormai un mobile da museo o da rigattiere ? E’ presto per dirlo ma di sicuro la sua funzione iconica ha perso un certo smalto e non è detto che poltrone e divanetti non siano presto sostituiti da tapis roulant e meeting on the run per stimolare nuove idee e migliorare le relazioni con i clienti. D’altronde non erano i romani che sostenevano mens sana in corpore sano ? Con i dovuti adattamenti, fare del movimento mentre si lavora potrebbe fare del bene anche al business…..

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  • Francesca
    Partecipante

    Ormai non esiste più una idea di lavoro come qualche anno fa.. Tutto è digitale, e questo comporta cambiamenti importanti che devono essere gestiti, anche con una nuova modalità di formazione

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    Giuseppe T
    Partecipante

    No.. Noi giovani non l’avremo mai..

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