UNC: palestre chiuse per Covid sotto i riflettori Antitrust
L’UNC segnala che l’Antitrust, su sua segnalazione, ha aperto un procedimento sulla chiusura delle palestre in epoca Covid: “I diritti dei clienti non possono essere compressi”
«Anche se la sospensione delle attività sportive è stata decisa dal Governo con i vari Dpcm e la chiusura delle palestre non è certo colpa dei gestori, i diritti dei clienti non possono essere compressi».
È il commento di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, davanti all’apertura di un procedimento da parte dell’Antitrust in relazione alle palestre chiuse durante la pandemia e ai diritti dei consumatori.
Palestre chiuse per Covid e diritti dei consumatori
A renderlo noto è la stessa associazione. L’Antitrust, si legge in una nota, ha comunicato all’Unione Nazionale Consumatori, in quanto segnalante, l’apertura di un procedimento sulla chiusura delle palestre in epoca Covid, nei confronti di McFit Italia srl.
Come conferma l’Authority, a seguito della chiusura delle palestre prevista dai vari Dpcm a partire dai primi giorni di marzo fino a fine maggio, il professionista non avrebbe sospeso i pagamenti dei consumatori che pagavano tramite r.i.d. bancario le rate previste del contratto, proponendo la fruizione in coda, ossia di recuperare i giorni di chiusura della palestra alla fine dell’abbonamento, sostenendo nella loro comunicazione alla clientela che, non subendo alcun danno, “per questo motivo, non è possibile richiedere sospensioni degli abbonamenti“.
Dopo l’entrata in vigore del decreto Rilancio di maggio, ha emesso voucher di valore pari a 3 mesi utilizzabili entro il 1° giugno 2021, non consentendo lo scioglimento del contratto ai sensi dell’art. 1463 del codice civile, espressamente richiamato dalla normativa emergenza.
Per l’Antitrust, spiega l’UNC, i comportamenti descritti “appaiono configurare distinte pratiche commerciali scorrette” in base al Codice del Consumo. La richiesta ai consumatori del pagamento delle rate, “limitando la libertà di scelta dei consumatori attraverso una coercizione al pagamento di servizi che non possono essere resi, appare integrare una pratica aggressiva“. Quanto al rifiuto opposto ai consumatori che avevano richiesto lo scioglimento del contratto di abbonamento ai sensi dell’art. 216 del Dl Rilancio, “tale diniego limiterebbe la libertà di scelta del consumatore, ostacolando il diritto di scioglimento del rapporto da parte degli utenti previsto dalla normativa emergenziale“.
Dona: i diritti dei clienti non possono essere compressi
Questa dunque l’ipotesi su cui l’Antitrust ha aperto il procedimento. Naturalmente bisognerà vedere come si concluderà.
Spiega Dona: «Attendiamo ovviamente la conclusione del procedimento dell’Antitrust per trarre le considerazioni finali, ma è indubitabile che la tesi giuridica che abbiamo rivendicato fin dall’inizio della pandemia ha avuto finora pieno accoglimento e si è fatto un passo avanti importante nella difesa dei diritti dei consumatori in epoca Covid. Insomma, anche se la sospensione delle attività sportive è stata decisa dal Governo con i vari Dpcm e la chiusura delle palestre non è certo colpa dei gestori, i diritti dei clienti non possono essere compressi».
Per l’UNC, ai sensi del Codice Civile, «la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione, ossia la palestra, non può chiedere la controprestazione al cliente e deve restituire la prestazione già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito».
da Helpconsumatori
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