Spiagge: concessioni scadute? Che succede ora?

Le spiagge sono un bene pubblico!

Superconsumatori… oggi parliamo delle concessioni balneari scadute il 31 dicembre 2023, che succede ora? Già, perché le spiagge sono un bene pubblico, è giusto il caso di ricordarlo. Appartengono al demanio, allo Stato, ossia a tutti noi, come i fiumi, i torrenti, i laghi, le strade (art. 822 del Codice civile). Insomma, non sono di proprietà di chi ha in concessione lo stabilimento balneare. Eppure alcuni, dopo anni, troppi, in cui hanno gestito la stessa spiaggia, hanno finito per considerarsi i padroni di quel lido, se lo sono tramandato pure di padre in figlio. Pensate a chi illegalmente cerca di impedire l’accesso o chiede un pagamento per il raggiungimento della battigia. Oppure a quelli che vietano di portarsi un panino o una bibita da casa. Come se la concessione non riguardasse solo i servizi legati alla spiaggia (ombrellone, lettino…) ma anche la ristorazione.

E’ giusto mantenere questa situazione? Se si mettono a gara le concessioni balneari ci saranno dei rincari? Che succede dopo le ultime sentenze del Consiglio di Stato che hanno ribadito la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre del 2023, confermando che bisogna dare corso alle procedure di gara? Vediamo di fare chiarezza.

Spiagge e concessioni scadute: cominciamo dal rischio aumenti

Secondo alcuni è inevitabile che un rincaro del prezzo delle concessioni si ribalterà sul prezzo dei servizi offerti e quindi sui consumatori.

E’ per forza così? No. L’unica certezza è che i rialzi ci sono già stati in questi anni di concessioni bloccate e di continue proroghe, con aumenti stratosferici ingiustificati rispetto alla qualità del servizio offerto. Poi molto dipendere da come saranno fatti i bandi. Se la gara è fatta bene, cioè se si introducono, tra i criteri per l’assegnazione, anche la qualità del servizio e l’evoluzione dei sistemi di tariffazione, allora si può ottenere anche un miglioramento del servizio e persino una riduzione dei prezzi.

Certo bisognerebbe pensare non solo a incassare soldi facili dalle nuove concessioni. Si dovrà pensare anche ai consumatori e al loro diritto di pagare un prezzo equo, commisurato alla qualità dell’offerta. Dobbiamo dire che in passato, vedasi le concessioni autostradali, non è accaduto che i politici garantissero nel bando la tutela dei consumatori e ci sono voluti gli interventi delle Authority (Antitrust e Art) per porre parziali rimedi.

Negli ultimi 20 anni è successo di tutto!

Quel che è certo è che negli ultimi 20 anni (la Direttiva Bolkestein è del 2006) è successo di tutto. Da una parte Antitrust, Consiglio di Stato, Commissione europea e dall’altra alcuni Comuni distratti e svariati Governi troppo benevoli verso i concessionari hanno concesso proroghe su proroghe per consentire agli attuali titolari di concessioni balneari di mantenerle senza gara. Questo pur se in contrasto con gli orientamenti giurisdizionali italiani e rischiando sanzioni da parte dell’Unione europea (è dal 2020 che è stata aperta la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkestein).

Le ultime tappe di questa telenovela raccontano di diverse sentenze del Consiglio di Stato che hanno confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, e che la proroga sino al 31 dicembre 2024 introdotta dalla legge n. 14 del 2023 “deve essere essa stessa disapplicata“, “siccome incompatibile con la disciplina europea“, sottolineando che le deroghe al 31 dicembre del 2024 vanno disapplicate dalle pubbliche amministrazioni, non ultime quelle comunali, che quindi devono “dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale“.

Spiagge e concessioni gratuite: si possono ancora prorogare?

Intanto, restiamo a quanto sostiene lo stesso Consiglio di Stato, che, proprio per “evitare le incertezze prospettate dalle parti in relazione all’imminente avvio della stagione balneare“, ricorda che una proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024, sarebbe possibile solo per il Comune che abbia già bandito nuove gare.

Le spiagge ora sono libere? Se le concessioni sono scadute, le spiagge sono diventate libere? In teoria se la concessione è scaduta e non prorogata, cosa che andrebbe accertata spiaggia per spiaggia, il gestore non potrebbe più stare lì e quindi la spiaggia dovrebbe tornare libera in attesa della nuova gara. Ma non consiglierei al consumatore di farsi giustizia da sé, andando con ombrello e sedia sdraio in uno stabilimento aperto, senza pagare. Due torti non fanno una ragione.

Secondo gli attivisti di Mare Libero, sussiste la possibilità di considerare libere le spiagge illegittimamente prorogate, alla luce dei “principi di diritto” enunciati dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le note sentenze gemelle n. 17 e 18 del 2021. Secondo queste pronunce, alla data del 31.12.2023, le concessioni illegittimamente prorogate, dovrebbero essere considerate “tamquam non esset“. Ora, senza entrare nel merito dell’intricato groviglio di sentenze intervenuto successivamente, non c’è dubbio tutti i cittadini aspettano almeno dal 2010 e nessun motivo può giustificare un ulteriore dilatamento dei tempi necessari a veder realizzata la facoltà del consumatore di godere gratuitamente e senza costi della spiaggia che considera migliore.

Cosa succede quindi dopo le sentenze del Consiglio di Stato che considerano scadute le concessioni balneari?

Le spiagge sono un bene pubblico, appartengono al demanio, allo Stato, ossia a tutti noi, come i fiumi, i torrenti, i laghi, le strade (art. 822 del Codice civile). Insomma, non sono di chi ha in concessione lo stabilimento balneare.

Ma alcuni, dopo anni, troppi, in cui hanno gestito la stessa spiaggia, hanno finito per considerarsi i padroni di quel lido, se lo sono tramandato pure di padre in figlio. Pensate a chi illegalmente cerca di impedire l’accesso o chiede un pagamento per il raggiungimento della battigia o a quelli che vietano di portarsi un panino o una bibita da casa, come se la concessione non riguardasse solo i servizi legati alla spiaggia (ombrellone, lettino…) ma anche la ristorazione.

È giusto mantenere questa situazione? Se si mettono a gara le concessioni balneari ci saranno dei rincari? Che succede dopo le ultime sentenze del Consiglio di Stato che hanno confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre del 2023 e che bisogna dare corso alle procedure di gara?

Vediamo di fare un po’ di chiarezza, nei limiti del possibile.

Rischio aumenti per i bagnanti?

Dopo la decisione del Consiglio di Stato, Federcontribuenti, ma non solo, si è subito affrettata a mettere le mani avanti, sostenendo che è pressoché matematico che un rincaro del prezzo delle concessioni si ribalterà sul prezzo dei servizi offerti e quindi sui consumatori.

È per forza così? No.

L’unica certezza è che i rialzi ci sono già stati in questi anni di concessioni bloccate e di continue proroghe, con aumenti stratosferici ingiustificati rispetto alla qualità del servizio offerto.

Quanto al futuro, bisogna distinguere tra il mero aumento dei canoni e la messa a gara delle concessioni.

Nel primo caso, se ci si limita ad aumentare i canoni in capo allo stesso soggetto che ha già la concessione, allora, se viene fatto in modo generalizzato, senza una logica, senza considerare se in quella zona c’è abbastanza concorrenza, ossia spiagge alternative, non tenendo conto se il canone è irrisorio e non congruo rispetto al fatturato, allora quell’aumento con tutta probabilità verrà traslato sui consumatori finali, con conseguente rialzo dei prezzi.

Diverso è fare un bando. Se la gara è fatta bene, cioè se si introducono, tra i criteri per l’assegnazione, anche la qualità del servizio e l’evoluzione dei sistemi di tariffazione, allora si può ottenere anche un miglioramento del servizio e persino una riduzione dei prezzi.

Certo bisognerebbe pensare non solo a incassare soldi facili dalle nuove concessioni ma anche ai consumatori e al loro diritto di pagare un prezzo equo, commisurato alla qualità dell’offerta. Dobbiamo dire che in passato, vedasi le concessioni autostradali, non è accaduto che i politici garantissero nel bando la tutela dei consumatori e ci sono voluti gli interventi delle Authority (Antitrust e Art) per porre parziali rimedi.

Indennizzi per i concessionari uscenti?

Alcuni, per far mollare l’osso ai balneari, propongono un indennizzo per quelli che perderanno la concessione.

È giusto? A nostro avviso no.

Chi ha in concessione la spiaggia deve recuperare gli investimenti fatti durante il periodo della concessione, non c’è ragione che l’entrante paghi l’uscente, con il rischio che poi si rivalga sui consumatori alzando i prezzi per rifarsi della spesa o che lo Stato, ossia noi contribuenti, li paghi anche per farli sloggiare, magari dopo aver incassato per anni canoni irrisori. Abbiamo già pagato ombrelloni e sdraio, pagarli due volte sarebbe una beffa. Non è come quando si vende il proprio negozio e si chiede l’avviamento. Le spiagge sono dello Stato.

Al limite, se il gestore uscente non ha fatto in tempo a recuperare tutti gli investimenti, cosa che dovrebbe provare conti e fatture alla mano, se non è possibile la loro vendita, allora si può indennizzare la quota non ammortizzata degli investimenti, ponendola a base d’asta della gara successiva.

Insomma, in linea generale non è accettabile che dopo aver “regalato” per anni (in violazione della normativa europea) un bene pubblico a un privato, ora si usino i soldi dei contribuenti per premiarli per il ritardo con il quale le spiagge ci vengono restituite. Ricordiamo, poi, che nulla vieta ai vecchi gestori di partecipare alle nuove gare e vincerle.

La vicenda dopo la direttiva Bolkenstein

Non ricostruiamo la storia delle concessioni in questa sede, ci vorrebbero 3 volumi, tipo le cantiche della Divina Commedia.

Diciamo solo che la Direttiva Bolkestein è del 2006, quasi 20 anni fa e da allora tra proroghe e sentenze è successo di tutto.

Da una parte AntitrustConsiglio di StatoCommissione europea, Direttiva Bolkestein, art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dall’altra alcuni Comuni e svariati Governi che hanno concesso proroghe su proroghe per consentire agli attuali titolari di concessioni balneari di mantenerle senza sottoporle a gara, pur se in contrasto con gli orientamenti giurisdizionali italiani e rischiando sanzioni da parte dell’Unione europea (è dal 2020 che è stata aperta la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkestein con l’invio, da parte della Commissione europea, della lettera di messa in mora).

Ci limitiamo a raccontarvi in estrema sintesi l’ultimo episodio di questa telenovela: il Consiglio di Stato, con due sentenze del 30 aprile 2024 e del 20 maggio 2024, ha confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, e che la proroga sino al 31 dicembre 2024 introdotta dalla legge n. 14 del 2023 “deve essere essa stessa disapplicata“, “siccome incompatibile con la disciplina eurounitaria“, sottolineando che le deroghe al 31 dicembre del 2024 vanno disapplicate dalle pubbliche amministrazioni, non ultime quelle comunali, che quindi devono “dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale“.

Inoltre nella sentenza è contestato il fatto che la risorsa spiaggia non sia scarsa (“la risorsa è sicuramente scarsa” e gli altri assunti sono sforniti di prova), tesi invece sostenuta dal Governo Meloni che aveva allungato le spiagge italiane nella mappatura inviata a Bruxelles e portata a motivo della mancata applicazione della direttiva Bolkenstein. Apriti cielo! Vi risparmiamo le reazioni politiche.

Le concessioni si possono ancora prorogare?

Come sapete le telenovele non finiscono mai, quindi difficile fare previsioni sui prossimi accadimenti.

Intanto, restiamo a quanto sostiene lo stesso Consiglio di Stato, che, proprio per “evitare le incertezze prospettate dalle parti in relazione all’imminente avvio della stagione balneare“, ricorda che l’art. 3, comma 3, della legge n. 118 del 2022 consente una proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024, con atto motivato, anche se la consente solo “per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura” di gara.

Insomma, basta che il Comune deliberi di avviare le gare per differire il termine di scadenza delle concessioni,  legittimando l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente?

Su questo non mancano le perplessità, anche perché le stesse Sentenze n. 4480 e successive che la ammettono richiamano in realtà la Legge 118/22, la quale sostiene che la proroga tecnica sia ammissibile solo se l’atto di indirizzo è stato emanato prima del 31 dicembre 2023. E non esistono casi in Italia, ad eccezione di Rimini, per quanto ne sappiamo.

Le spiagge senza proroga diventano libere?

Questo, del resto, è il punto più intricato, vale a dire la possibilità di considerare libere le spiagge illegittimamente prorogate.

Secondo gli attivisti di Mare Libero le sentenze del 2024 non contraddicono i “principi di diritto” enunciati dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le note sentenze gemelle n. 17 e 18 del 2021. Secondo questo orientamento, alla data del 31 dicembre 2023 le concessioni illegittimamente prorogate devono essere considerate “tamquam non esset“.

Quel che è certo è che le sentenze gemelle portano a confermare (almeno) un legittimo affidamento in capo al bagnante rispetto all’aspettativa di vedere “liberata” dal vincolo concessorio una spiaggia la cui concessione sia stata illegittimamente prorogata, a decorrere almeno dal 1 Gennaio 2024, anche perché i cittadini sono titolari di questa legittima aspettativa dal lontano 2010 e nessun motivo può giustificare un’ulteriore dilatamento dei tempi necessari a vederla soddisfatta.

Interviene anche l’Antitrust

Nel primi mesi dell’anno, l’Antitrust aveva segnalato a molti Comuni, che avevano deliberato di differire al 31 dicembre 2024 l’efficacia delle concessioni demaniali marittime senza però aver avviato le procedure selettive per l’assegnazione delle nuove concessioni, che perché il comma 3 dell’articolo 3 possa trovare applicazione, “è necessario che la procedura selettiva sia stata avviata e che sussistano ragioni oggettive che ne impediscano la conclusione e che siano legate all’espletamento della procedura stessa“, confermando la tesi del Consiglio di Stato. Insomma, non si possono fare proroghe generalizzate e comunque serve che la procedura per la gara sia stata avviata dal Comune.

Ebbene, molti comuni non si sono adeguati al parere dell’Antitrust che, quindi, ha ora deciso di impugnare al Tar le delibere comunali che concedevano la proroga delle concessioni demaniali marittime. Quindi ora la palla passa di nuovo Tar e poi al Consiglio di Stato, sempre che nel frattempo non intervenga il Governo.

Insomma, come potete ben capire la situazione è complessa e c’è uno scontro in atto, anche sul piano giuridico.

Cosa può fare il consumatore

Se le concessioni sono scadute, le spiagge sono diventate libere?

In teoria se la concessione è scaduta e non prorogata, cosa che andrebbe accertata spiaggia per spiaggia, il gestore non potrebbe più stare lì e quindi la spiaggia dovrebbe tornare libera in attesa della nuova gara.

Ma non consigliamo al consumatore di farsi giustizia da sé, andando con ombrellone e sedia sdraio in uno stabilimento aperto, senza pagare. Due torti non fanno una ragione.

Inoltre, è proprio la scadenza della concessione ad essere oggetto del contenzioso giuridico, con da una parte Antitrust e Consiglio di Stato che le considerano scadute e dall’altra Governo e Comuni che le ritengono prorogate.

Non è consigliabile mettersi in mezzo, salvo abbiate le spalle larghe e vogliate fare una battaglia politica. In ogni caso prima dovreste verificare le delibere comunali per accertare se la gara è stata nel frattempo avviata, perché allora la proroga sarebbe valida.

Insomma, il suggerimento che vi diamo per fare una vacanza serena e risparmiare soldi, è di andare in una spiaggia libera, ma libera davvero!

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