Obbligo di mantenimento ai tempi del Coronavirus

Premessa

Il Covid-19 ha indubbiamente tormentato le precarie realtà di molti cittadini producendo conseguenze particolarmente dolorose nei confronti di molti lavoratori e titolari di partite Iva, soggetti i cui redditi sono risultati fortemente diminuiti, se non azzerati.

Si tratta di un dramma inaspettato che è stato avvertito ancor di più nelle famiglie divise nelle quali una delle due parti è obbligata a versare all’altra o in favore dei figli quanto stabilito per il sostentamento in sede di separazione, di divorzio, al termine delle relazioni di fatto o ancora nell’ambito di accordi raggiunti dalle parti stesse con l’ausilio degli avvocati.

Ad ogni modo, questi versamenti non sono statici e a tempo indeterminato: essi possono subire delle modifiche a causa di sopravvenute circostanze di fatto o di diritto.

Vediamo, in particolare, come si possono ottenere tali modifiche in ragione dell’emergenza e della crisi produttiva che stiamo tuttora vivendo.

 

Obbligo di mantenimento e conseguenze dell’inadempimento

In primo luogo, è bene chiarire che l’obbligo di versare il mantenimento o gli alimenti non ha natura contrattuale, ma si fonda su diritti costituzionalmente garantiti. L’art. 30 della Costituzione, infatti, stabilisce che “è un dovere e un diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”. Si tratta, dunque, di un obbligo che scaturisce direttamente dal rapporto di filiazione, anche naturale.

A ciò si aggiunga che l’art. 147 C.c., richiamando il principio costituzionale citato, dispone che “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli e che i coniugi devono adempiere l’obbligo in parola contribuendo in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale e casalingo”.

Pertanto, il genitore obbligato, ma inadempiente, oltre ad andare incontro alle conseguenze di natura civilistica descritte nell’art. 156 C.c. (“in caso di inadempimento, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto”) incorrerà, altresì, nelle fattispecie di reato descritte negli artt. 570 e 570 bis c.p. in relazione alla violazione degli obblighi di assistenza familiare).

 

Riduzione reddituale effettiva e stabile

La revisione dell’assegno di mantenimento è possibile se sopravvengono fatti nuovi e se ricorrono giustificati motivi, ovvero quando le condizioni economiche dell’ex coniuge obbligato si modificano in pejus.

Affinché la riduzione reddituale risulti decisiva deve essere non momentanea, ma effettiva, stabile e destinata a protrarsi nel tempo. A tal fine, potrebbe risultare utile rivolgersi al proprio commercialista o ad un esperto del settore che relazioni sul peggioramento della capacità economica del soggetto di cui si tratta.

Il passo successivo sarà quello di procedere alla modifica vera e propria rivolgendosi al tribunale competente oppure ricorrendo ad un accordo di negoziazione assistita con l’ausilio di un difensore.

 

È possibile una modifica a tempo determinato?

Se la revisione dell’assegno di mantenimento è determinata dalle difficoltà economiche conseguenti al Covid-19, è legata ad un’emergenza della quale non possiamo conoscere a priori e con esattezza la durata, poiché ci saranno settori la cui ripresa sarà indubbiamente più lenta rispetto ad altri.

Pertanto, nell’incertezza sarebbe preferibile cercare una modifica della misura dell’assegno determinandola in partenza per un periodo prestabilito, eventualmente da prolungare in seguito laddove le condizioni di difficoltà dell’onerato dovessero persistere.

Dott.sa Monica Lasala

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