LA CESSIONE DEL CREDITO “BANCARIO” E GLI EFFETTI SULLA POSIZIONE DEL CLIENTE CEDUTO

Una questione di notevole interesse è rappresentata dalle sorti dei rapporti bancari nei casi – piuttosto frequenti – in cui la banca (cedente) trasferisce un rapporto di credito ad un’altra banca o società cessionaria ( la c.d. società di recupero crediti), che assume conseguentemente la qualifica di nuovo creditore del debitore (ceduto).

La cessione dei crediti in ambito bancario, è regolata dalla normativa speciale prevista dall’art. 58 del Testo Unico Bancario, e produce il trasferimento di un “blocco” di crediti, tutti derivanti da rapporti bancari con i debitori clienti o ex clienti.

Si tratta allora, di capire cosa accade al cliente dopo che la banca abbia ceduto il credito ad un altro soggetto ai sensi dell’art. 58 TUB?

In primo luogo, il debitore ceduto, quando riceve la comunicazione di cessione del credito contenente la posizione ceduta, il codice NDG di individuazione della pratica e la diffida al pagamento, potrà proporre al nuovo creditore una soluzione a saldo e stralcio della posizione, più vantaggiosa a quella che avrebbe potuto proporre alla Banca cedente, poiché di norma la società cessionaria acquista il credito dalla banca cedente ad un prezzo inferiore al valore nominale del credito ceduto.

In secondo luogo, occorre precisare che il debitore ceduto possa anche non venire a conoscenza della cessione, poiché la banca cedente non ha  notificato alcuna comunicazione informativa, ma si vede direttamente notificare un decreto ingiuntivo da parte, appunto della nuova società cessionaria anziché dalla Banca e/o Finanziaria, con la  quale ha instaurato il rapporto bancario. In questo caso, la società cessionaria, per poter agire in giudizio contro il debitore ceduto, deve fornire la prova documentale della propria legittimazione attiva, producendo in giudizio la seguente documentazione:

  1. a) il contratto di cessione e gli elenchi dei crediti, dal cui esame congiunto è possibile risalire al credito ceduto; b) l’avviso in Gazzetta Ufficiale della pubblicazione della cessione, quest’ultima – si badi bene – avente solo funzione pubblicitaria ma non probatoria della cessione del credito;
  2. c) l’iscrizione della cessione nel Registro delle Imprese;

In mancanza di tali documenti, non vi è prova della titolarità del credito in capo alla società cessionaria, che quindi non è legittimata ad agire in giudizio per il recupero forzoso delle somme pretese in pagamento.

In tal senso la Cassazione civile sez. VI con sentenza del  05.11.2020 n. 24798, ha stabilito che “in caso di contestazione della titolarità del credito in capo all’asserita cessionaria, il mero fatto, pur pacifico, della cessione del credito in blocco ex art. 58 TUB non è sufficiente ad attestare che lo specifico credito oggetto di causa sia compreso tra quelli oggetto di cessione. La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art 58 d. lgs n. 385 del 1993, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a ameno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta”.

In conclusione, quando il consumatore  riceve una comunicazione di cessione del credito o un decreto ingiuntivo e/o un atto di precetto da parte di un soggetto terzo diverso dalla propria Banca, è bene che si accerti, prima di effettuare il pagamento in favore del nuovo intermediario, che la società cessionaria sia effettivamente  titolare del credito, altrimenti si rischia di pagare in favore di chi non è legittimato a ricevere le somme con l’effetto di non liberarsi dal debito nonostante il pagamento.

In questo caso è bene rivolgersi ad un legale esperto di diritto bancario di un’associazione dei consumatori per ottenere la giusta tutela.

Avv. Elisabetta Congiusta

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