Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé

Pubblichiamo con piacere un contributo di  Matilde Falsetti

“Ogni bambino ha il legittimo bisogno di essere guardato, capito, preso sul serio e rispettato dalla propria madre […]. Un’immagine di Winnicott illustra benissimo la situazione: la madre guarda il bambino che tiene in braccio, il piccolo guarda la madre in volto e vi si ritrova…a patto che la madre guardi davvero quell’esserino indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui. In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà sé stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio, e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo”.

La citazione che vi ho riportato sopra è presa dal saggio “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé” della psicanalista americana Alice Miller, un libro che consiglio fortemente a ragazzi e adulti, e che ci spinge senza veli a guardare dentro noi stessi, per poter capire meglio gli altri.

Probabilmente l’incipit dell’articolo avrà sortito in alcuni di voi la stessa sensazione che si ha dopo aver ricevuto uno schiaffo inaspettato. O forse questa è solo la percezione che ho avuto io, perché si viene travolti da una verità scomoda, a cui non si vorrebbe pensare.  Tutti i figli sin dal primo respiro non desiderano altro che l’amore dei genitori, il quale dovrebbe essere incondizionato. Eppure al giorno d’oggi giace sotto la superficie una realtà ben diversa: non tutti i genitori sono in grado di abolire il condizionale dal rapporto con i figli, perché in fondo essi sono persone, e come spesso ci si sposa, ci si fidanza, si stringono amicizie a determinate condizioni, in maniera più o meno diretta, lo stesso avviene nel momento in cui la genitorialità diventa disfunzionale.

Ma allora perché parliamo di bambini dotati? In molti casi le condizioni che determinano l’amore di un genitore per il proprio figlio sono che egli rinunci ad essere se stesso, che uccida in maniera inconscia la parte ritenuta meno piacevole di sé, la parte che si arrabbia , si vergogna, si indigna e piange, tutti quei sentimenti che vengono erroneamente ritenuti negativi, eppure la psicologia moderna ha appurato che in realtà non ci sono sentimenti sbagliati o giusti, perché le emozioni si sviluppano in reazione ad uno stimolo, è la chimica naturale della nostra mente. Perciò la rabbia, la tristezza, la delusione sono processi normali, anzi sono questi sentimenti scomodi per gli altri a farci sentire reali, umani. Il fatto è che ad un genitore insicuro spaventa che il proprio figlio non sia perfetto, che non sia privo di problemi, perché ha paura di affrontarlo, non si sente in grado di gestirlo e quindi cerca di reprimerlo, sminuirlo, minare la validità delle sue emozioni; oppure avviene che il bambino, per paura di perdere l’amore condizionato del genitore uccida se stesso. No , non sto parlando direttamente di suicidio, ma di una cosa più sottile, la persona in età ancora infantile sceglie di annientare il proprio essere infante e sostituirsi al genitore , questo processo non è sempre intenzionale, funziona come un meccanismo di difesa, ma con il passare del tempo ha effetti distruttivi sull’individuo. Crescendo l’ormai ragazzo ha soppresso tutte le emozioni “sconvenienti” per non turbare la propria famiglia e quindi perdere l’affetto che riceve, perciò in molti casi si alcune persone, per iper compensazione ottengono risultati eccellenti a scuola, si impegnano nello sport e intraprendono un gran numero di attività extracurricolari, così da poter dimostrare a sé stesse e ai genitori di essere degne dell’amore che ricevono. Ma cosa succede quando si commette inevitabilmente un errore, che può essere molto comunemente un brutto voto? Il castello di carta crolla, l’intera personalità fittizia del ragazzo ideale vacilla ed egli sprofonda nella depressione, si sente inutile, ed il futuro diventa grigio, è terrorizzato dall’idea di rimanere solo, così alimenta quel circolo vizioso. Un’altra componente fondamentale in meccanismi di questo genere è l’ansia che da un lato rende iper performanti, dall’altro è invalidante, essa precede sempre il successo o il fallimento a cui seguono nel primo caso un’euforia iniziale ma breve come un fuoco di paglia, e nel secondo l’abisso da cui è sempre più difficile emergere, perché nella depressione si nasconde il vero Io, il bambino che è stato ucciso in funzione di un adulto prematuro, quel bimbo è li e piange per uscire dal buio. Così la persona ideale e quella reale faticano giorno dopo giorno a coesistere e ad un certo punto, inesorabilmente qualcosa si strappa e spesso l’individuo rinuncia alla vita, questa volta in senso letterale.  Accade anche in diversi casi che i bambini, diventati ormai adulti e fuori dalla tutela familiare cerchino lo stesso modello nelle relazioni di tutti i giorni, incastrandosi purtroppo in rapporti tossici, con individui che cercano di prendere il più possibile dalla persona, che pensa di essere degna di amore solo se dà, se si annulla di nuovo.

È bene comprendere che ciò non avviene in tutte le famiglie, ma in quei casi in cui i genitori a loro volta sono stati bambini incompresi, obbligati per qualsiasi circostanza a diventare grandi prima del tempo, ma non hanno mai voluto fare i conti con il passato, si sono illusi di poterlo ignorare. Tuttavia esso si è ripresentato negli occhi dei propri figli, su cui essi inconsciamente proiettano le proprie frustrazioni, desideri inespressi, ma soprattutto il rimpianto di non essersi mai mostrati, nemmeno per una volta arrabbiati con i propri genitori, per paura di perderli. Così capita che il bimbo e poi il ragazzo subiscano in silenzio parole, spesso dure, troppo dure per poter essere ascoltate dalle orecchie di qualcuno che sta muovendo i primi passi nel mondo, indirizzate a qualcun altro, qualcuno che non c’è stato, che non è riuscito a capire ed essere genitore del proprio figlio e non figlio di quest’ultimo.

Tuttavia esiste sempre una via di uscita da questi meccanismi tossici: rompere la catena. La psicoterapia è fondamentale affinché ciò avvenga, il giovane o l’adulto hanno bisogno dell’aiuto di un esterno, di qualcuno che sia imparziale e lo aiuti a portare verso la luce quel bambino nascosto nel buio insieme a tutte le sue emozioni, indipendentemente dal fatto che esse possano non piacere agli altri. Il vero Io.

L’importante, a prescindere dal rapporto che si ha con i propri genitori, è capire che siamo tutti degni di ricevere amore e che esso, per essere vero deve dimostrarsi incondizionato. Chi ci ama davvero lo fa per ciò che siamo e non per i nostri successi, chi ci vuole bene accetta il fallimento, la rabbia e la tristezza, non ci chiede di cambiare per poterci apprezzare, ma ci sostiene.

Voglio lasciarvi con un’ultima citazione presa dal libro, poiché essa riassume con parole certamente più chiare delle mie il messaggio dell’articolo:” Chi è in grado di prendere sul serio i propri sentimenti, non potrà prendersi gioco di quelli altrui, quale che sia la loro natura. Spezzerà finalmente il circolo vizioso del disprezzo.”

 di Matilde Falsetti

 

Fonti: “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé” Alice Miller 2008

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