Unione Nazionale Consumatori Umbria | DAL COVID ALLA GUERRA IN UCRAINA: GLI ANNI VENTI SOTTO IL SEGNO DELLA POST-VERITÀ
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DAL COVID ALLA GUERRA IN UCRAINA: GLI ANNI VENTI SOTTO IL SEGNO DELLA POST-VERITÀ

DAL COVID ALLA GUERRA IN UCRAINA: GLI ANNI VENTI SOTTO IL SEGNO DELLA POST-VERITÀ

Siamo ostaggio dell’informazione. Non da oggi, non da ieri, ma da anni. Cos’è la post-verità e che ruolo hanno avuto il Covid e la guerra in Ucraina nel cambiamento epocale subito dal mondo dell’informazione?

Cos’è la post-verità

La Treccani dà questa definizione del concetto di post-verità: “argomentazione, caratterizzata da un forte appello all’emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica.”

Oltre a definire il concetto, il vocabolario che ha accolto il neologismo nel 2017, lo contestualizza retrodatandolo addirittura all’inizio della guerra in Iraq cominciata da George W. Bush.

Nel 2016, sempre a partire da eventi verificatisi oltreoceano, la post-verità è tornata in scena facendo parlare di sé nelle controverse elezioni presidenziali che hanno visto vincitore Donald Trump. C’è addirittura un libro che parla di questo, intitolato: “2016 L’Anno delle post verità: 12 mesi di grandi avvenimenti, raccontati e commentati dalla redazione dell’Agenzia Italia (I fatti che cambiano il mondo Vol. 1)“.

Ma cos’è oggi la post verità e perché due eventi di portata mondiale come la pandemia da Covid 19 e la guerra tra Russia e Ucraina hanno riportato in auge questo concetto?

La post-verità ai tempi della pandemia

Durante quello che è stata definito dalla giornalista Lisa Lotti “il primo caso di pandemia social della storia” le informazioni ci hanno letteralmente travolti. Accanto alle notizie verificate, basate su fatti appurati e su evidenze scientifiche, si sono però diffuse in modo virale (mai termine fu più azzeccato) le fake news, tra le quali possiamo includere anche le informazioni imprecise, distorte o del tutto prive di fondamento.

Una piccola curiosità su un personaggio che abbiamo incontrato poco fa: il nome di Donald Trump, a fine 2020, appariva nel 38% degli articoli che contenevano informazioni false sulla pandemia. Solo una coincidenza?

Che fine ha fatto la scienza

Una visione molto chiara su come siano state trattate le informazioni scientifiche al tempo della pandemia da Covid 19 è stata espressa da Trish Greenhalgh, in un articolo tradotto da Federica Frasca per Project Syndicate. Eccone un estratto: “In questo scenario da Alice nel paese delle meraviglie, la risposta pubblica alla scienza è stata così amplificata da diventare impossibile da controllare. I “fatti”, anche quando sono prodotti e pubblicati in buona fede, vengono immediatamente passati attraverso un tritacarne ideologico e sbattuti in uno stampo politico, mentre l’incertezza scientifica diviene un’arma nelle mani di rappresentanti eletti e interessi non eletti. […] Disinformazione, bugie e mezze verità contorte non sono una novità. Ma come ha affermato il filosofo Jayson Harsin, l’“infodemia” della post-verità che circonda il Covid-19 è più vasta e inquietante di quanto si sia mai osservato in crisi sanitarie precedenti. Per coloro che cercano di trasformare l’informazione in un’arma da utilizzare a fini personali, la sovrabbondanza di preprint scientifici creatasi in risposta alla pandemia è una manna dal cielo.

Il Covid-19 potrebbe aver già cambiato la scienza per sempre. La pandemia e le sue repliche hanno scosso i pilastri su cui poggia la ricerca oggettiva costringendoci a riconsiderare il modo in cui le informazioni accademiche vengono riferite, divulgate e condivise con il pubblico. Non possiamo uscire fuori dalla tana del coniglio e tornare a uno status quo di seminari poco frequentati. Nel prossimo futuro, la scienza sarà una sorta di atto pubblico, e la comunicazione scientifica una lotta senza riserve tra persone in buona fede e troll.”

La guerra in Ucraina: punto e a capo

Un luogo comune recita: “la verità è la prima vittima di ogni conflitto”. Se questa frase si era già dimostrata vera per le guerre prima di quella appena scoppiata tra Russia e Ucraina, con l’ultimo conflitto si stanno toccando vette inesplorate. La fake news più clamorosa, e per certi versi grottesca, è stata la trasmissione di immagini di un videogioco di guerra all’interno di un telegiornale. Immagini spacciate per quelle di un conflitto reale, che ha coinvolto vite umane reali. Il confine tra vero e falso, a quanto pare, si sposta sempre più in là mentre le notizie viaggiano ad una velocità che (davvero?) non concede quasi più il tempo della verifica.

La guerra delle news tra propaganda e social

Se pensiamo che le fake news stiano circolando solo sulle nostre reti e piattaforme, in una nazione relativamente “lontana” dal conflitto, ci sbagliamo di grosso. La vera guerra delle news si sta combattendo nei Paesi direttamente coinvolti dal conflitto, dove la popolazione si sta spaccando, più che sulle ideologie, sulle fonti da cui informarsi.

Se i giovani cercano a fatica le informazioni “libere”, e devono ingegnarsi per aggirare i blocchi imposti dal Cremlino su oltre 200 siti di informazione e sui principali social network, la vecchia guardia si affida alle fonti di informazione tradizionali, che portano avanti la propaganda del governo e restano fedeli alle idee del presidente Vladimir Putin.

Come difendersi nell’era della post-verità

Qualche consiglio di carattere pratico ci arriva dall’Avv. Luisa Di Giacomo, che si occupa di protezione dei dati e Cybersecurity. In un articolo della fine del mese scorso, non a caso intitolato “Come difendersi dalle fake news ai tempi della guerra ibrida”, Di Giacomo spiegava: “come abbiamo visto, ad esempio, durante i due anni della pandemia di Covid19, l’utilizzo di titoli sensazionalistici e di articoli acchiappa click (clickbaiting, letteralmente “esca da click”) è diventata pane quotidiano purtroppo anche per le testate giornalistiche serie. Un titolo forte, possibilmente evocativo di scenari drammatici, colpisce infinitamente di più di un titolo neutro o, Dio non voglia, attinente al contenuto dell’articolo. Il titolo colpisce ed induce a cliccare e una volta cliccato partono i banner pubblicitari e gli strumenti di tracking online e a quel punto poco importa se il soggetto non rimane sulla pagina a leggere l’articolo o se il contenuto non rispecchia precisamente ciò che il titolo prometteva: l’esca è stata lanciata ed ha funzionato, ed è questo quello che conta. Non solo, ma contribuire a diffondere notizie false (e tendenzialmente negative e allarmanti) contribuisce a creare panico, ed il panico forma la paura e con la paura è più semplice governare la realtà. Si controlla la percezione, e quindi si controlla la realtà, appunto.”

Ecco i cinque consigli della professionista per difendersi dalle notizie false in questo particolare periodo storico:

  1. Verifichiamo la fonte;
  2. Diffidiamo di titoli eccessivi;
  3. Verifichiamo le date e le foto;
  4. Consultiamo i siti di debunking;
  5. Non è sempre obbligatorio condividere.

E tu come ti difendi dalle fake news?

Articolo del nostro partner centro di ricerca Sigma Consulting srls  – Michela Morelli