Coronavirus: come gestire i rapporti con i collaboratori domestici – colf, badanti e babysitter

In questo delicato momento che stiamo vivendo, viste le misure in materia di contenimento e gestione epidemiologica da COVID-19, molti consumatori si sono rivolti ai nostri sportelli per avere delucidazioni  in merito alla gestione del rapporto con il personale domestico (colf, badanti e babysitter).

Ad oggi non sussiste un divieto di prestazione lavorativa, il collaboratore domestico può continuare a lavorare presso l’abitazione della famiglia per cui presta servizio, come è stato confermato anche nel DPCM del 22 Marzo 2020. Nella tabella delle attività escluse dallo stop infatti, figura il codice Ateco 97, che include tutti i datori di lavoro domestico. Tuttavia, il Governo ha suggerito di sospendere l’attività, salvo casi eccezionali, come atto di responsabilità e per dare attuazione alle disposizioni introdotte.
Possiamo stilare quindi un vademecum in base ai due criteri di comportamento.

SE LA PRESTAZIONE LAVORATIVA CONTINUA

Ciò significa che la prestazione lavorativa nel domicilio del datore di lavoro continua a pieno titolo. Ci sono alcune situazioni, purtroppo, in cui la prestazione lavorativa è essenziale, si pensi all’assistenza a persone anziane o a bambini di cui entrambi i genitori lavorano. E’ fondamentale in questo caso il rispetto delle norme previste.
Soprattutto in caso di contatto con persone anziane, che sono i soggetti più a rischio di contagio, il datore di lavoro deve fornire i dispositivi di protezione individuale come mascherina e guanti e far mantenere, per quanto possibile, la distanza di sicurezza di almeno 1 metro.
Inoltre il lavoratore non convivente che si sposta, deve fornirsi dell’autocertificazione per effettuare spostamenti casa-lavoro, in cui deve indicare le generalità del datore di lavoro.

SE LA PRESTAZIONE LAVORATIVA VIENE SOSPESA

Se la famiglia ritiene che l’assistenza di un collaboratore domestico non sia essenziale (nel caso ad esempio di pulizia della casa, oppure babysitting con genitori entrambi in smart working), può sospendere la prestazione lavorativa al proprio domicilio. Come comportarsi in questo caso?

In primis, nulla vieta al datore di lavoro di continuare ad erogare la retribuzione al collaboratore domestico per i giorni di assenza, soprattutto se le ore previste dal contratto non sono molte. Contrariamente però, l’onere economico diventerebbe gravoso.

In questo caso, una prima ipotesi da considerare in quanto consigliata dal Governo stesso, è quella di far fruire le ferie o permessi maturati o ancora da maturare. Ciò significa che il collaboratore domestico percepirà la retribuzione sotto forma di questi due istituti, e continuerà a maturare i contributi, che dovranno poi essere pagati come sempre tramite MAV disposto dall’INPS.

Si ricorda a tal proposito, che la scadenza per il pagamento dei contributi per il II trimestre, visto il periodo di emergenza, è stata prorogata al 10 Giugno 2020.

Un’altra ipotesi invece prevede la sospensione del rapporto, con una anticipazione di una quota del TFR.
In questo modo il lavoratore percepirà una somma necessaria a coprire questo periodo di mancanza di liquidità e il datore di lavoro sarà esente dal pagamento della retribuzione e dei contributi per il periodo sospeso.
La comunicazione di sospensione deve essere inoltrata all’INPS tramite PIN o intermediario abilitato delegato alla gestione del rapporto di lavoro domestico, come un consulente del lavoro.

In entrambe le ipotesi di sospensione, raccomando prima di procedere, di inoltrare al lavoratore una lettera scritta in cui si evinca l’accordo preso. Successivamente il collaboratore deve reinviare l’accordo tramite e-mail, sms o whatsapp al datore di lavoro per presa visione con il suo Ok a procedere. Non appena sarà possibile riprendere i rapporti, consiglio di firmare quanto accordato in precedenza da entrambe le parti, di modo che l’accordo scritto rimanga agli atti.

Solo nel caso in cui sia il collaboratore domestico a rifiutarsi unilateralmente, si può procedere con la sospensione del rapporto senza accordo, o in extremis, al licenziamento, se la prestazione è da ritenersi essenziale, come ad esempio assistenza ad anziani o bambini. Difatti, il settore del Lavoro Domestico è escluso dallo stop delle attività previste dal DPCM del 22 Marzo 2020, perciò la scelta di non recarsi al lavoro è da ritenersi come assenza ingiustificata.

In tema di licenziamenti, il settore domestico è escluso dalle procedure di licenziamento previste dalla normativa e gode di una procedura più semplificata. Il datore di lavoro che vuole licenziare, o il collaboratore che intende licenziarsi, deve rispettare i giorni di preavviso previsti dal C.C.N.L. del Lavoro Domestico. Tali giorni variano in base alla motivazione del licenziamento e all’anzianità di servizio.

E se il collaboratore domestico si mette in malattia? E’ prevista la normale procedura. Deve inviare al datore di lavoro il certificato medico, e i giorni di assenza saranno indennizzati come malattia. Al lavoratore spetta la retribuzione per un massimo di 8 (per anzianità fino a 6 mesi), 10 (per anzianità da più di 6 mesi a 2 anni), 15 (per anzianità oltre i 2 anni) giorni. Fino al 3° giorno gli spetta il 50% della retribuzione, e dal 4° giorno in poi, il 100% della retribuzione.
Si ricorda inoltre che il collaboratore domestico ha diritto alla conservazione del posto durante il periodo di malattia, che varia in base all’anzianità di servizio. Per anzianità fino a 6 mesi, 10 giorni, per anzianità da 6 mesi a 2 anni, 45 giorni, e per anzianità oltre i 2 anni, 180 giorni di calendario.

Il lavoro domestico è escluso dal ricorso ad ammortizzatori sociali quali Cigo e Cigs. Al momento è prevista l’ipotesi di accesso al “Fondo per il reddito di emergenza”, che fornirà misure di sostegno al reddito ai lavoratori che hanno subito una riduzione o sospensione della prestazione lavorativa a causa del coronavirus. Dobbiamo però attendere le modalità di accesso e i requisiti.

Le famiglie invece, potranno usufruire di un Bonus Baby Sitter da 600 euro. E’ un piano studiato appositamente per aiutare i genitori nel momento di chiusura delle scuole. Per usufruire di questo bonus i genitori devono essere entrambi lavoratori, ed avere figli con meno di 12 anni, oppure sopra i 12 in presenza di handicap grave.

La domanda può essere presentata dal 1° Aprile tramite il sito INPS con le solite modalità e PIN ma anche tramite la procedura di PIN semplificato, prevista appositamente per questo momento di emergenza.

Beneficiari del Bonus baby sitter da 600 euro, sono i lavoratori dipendenti del settore privato, i lavoratori iscritti alla Gestione Separata, i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, ed ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS (ma subordinati alla comunicazione da parte delle rispettive casse previdenziali).

L’importo del Bonus può raggiungere inoltre in alcuni casi fino ai 1000 euro ai lavoratori del settore sanitario, pubblico e privato.

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